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Sovranità, solidarietà, identità nella Unione europea. Disintegrazione o consolidamento?

19 Novembre 2018 di Maurizio Ferrera 1 commento

Sulla scia del fallimento di Lehman Brothers, il 2008 segnò l’inizio di un vero e proprio decennium horribile per l’Ue. Prima la crisi finanziaria, poi quella del debito sovrano, la Grande Recessione con le sue drammatiche conseguenze sociali, le minacce alla sicurezza legate al terrorismo, la crisi dei rifugiati e, infine, la Brexit. Le istituzioni di Bruxelles sono diventate bersagli di aspre critiche e biasimo politico. È doveroso riconoscere che le decisioni della Ue non siano state all’altezza delle sfide e delle potenzialità di risposta: il calo di fiducia dell’opinione pubblica è dunque comprensibile. Gli stessi leader UE (a cominciare da Juncker) hanno evocato espressamente la presenza di «minacce esistenziali» per l’Unione. Se guardiamo al di sotto della superficie di turbolenze e ondeggiamenti, l’Unione ha nondimeno mostrato un buon grado di ‘resilienza’, ossia una inaspettata capacità di adattamento pur in condizioni di severa avversità. L’Unione economica e monetaria non sono crollate. All’apice della crisi, i leader europei sono riusciti a concordare alcune strategie di recupero e di condivisione dei rischi (come il Meccanismo europeo di stabilità o l’Unione bancaria) . È vero che le formazioni euroscettiche sono in crescita in molti paesi. Ma i dati dimostrano che in tutti gli Stati membri – eccetto il Regno Unito – la maggioranza dei cittadini rimane favorevole alla UE e al processo di integrazione.

Anche se è riuscita ad attraversare il decennio orribile, la UE non ha risolto la propria crisi politica ‘profonda’. È infatti a tutt’oggi attraversata da aspri conflitti su tre questioni fondative per ogni comunità politica: chi ha diritto di prendere decisioni vincolanti per tutti? Chi deve dare o ricevere cosa e quanto in condizioni di difficoltà? ‘Chi’ è l’Europa: un soggetto politico con una qualche identità e progetto autenticamente condiviso, oppure solo un aggregato di popoli sovrani? A fronte di marcati disaccordi su tali questioni la tenuta della Ue come polity, come comunità, resta a tutt’oggi questione aperta. Per ora almeno, la spirale di conflitti potenzialmente distruttivi sembra essersi fermata prima del baratro. Ma in futuro?

 

Per fare qualche ragionevole previsione, teoricamente orientata, occorre innanzitutto analizzare le dinamiche che hanno originato le tre questioni e cosa ha portato al loro intensificarsi. L’indagine deve entrare nel merito dei vari shock, identificare la loro natura (cause, effetti e la loro ‘temporalità’: ad esempio subitanea nel caso della crisi finanziaria, dilazionata nella crisi sociale). Ricostruire le modalità di risposta (emergenziali, pragmatiche, pro-attive o reattive ecc.) da parte delle élite e le loro conseguenze a livello di massa. E soprattutto esplorare gli effetti che ciascuno shock ha provocato sui modelli e i processi di coalizione che legano offerta e domanda politica.

 

L’ipotesi generale che può essere formulata è che la sequenza di shock del decennio orribile abbia lacerato i tessuti connettivi tra offerta e domanda, sia a livello nazionale sia a livello di Unione nel suo complesso. Per quanto improvvisate, le risposte delle istituzioni UE (soprattutto quelle in modalità intergovernativa, in seno al Consiglio) hanno salvaguardato condizioni minime di resilienza. Nonostante la crescita dell’euro-scetticismo e l’insorgenza del sovranismo, in ciascun paese membro esistono ancora maggioranze di elettori favorevoli alla UE e all’euro. Il fenomeno nuovo e allarmante è però la scomposizione delle tradizionali coalizioni (sociali, partitiche, fra paesi membri e così via) sulle cui spalle hanno tradizionalmente poggiato i meccanismi di trasmissione tra domanda e offerta (politica e di politiche) e le dinamiche di legittimazione della UE. Pensiamo, per tutti, alle divisioni sempre più pronunciate all’interno dei Paesi fondatori sul tema del debito e sulla desiderabilità di forme di trasferimento cross-nazionale. Una divisione che coinvolge non solo i governi, ma anche i partiti e le principali associazioni degli interessi. Senza ricomposizione, l’inaspettata resilienza istituzionale e l’altrettanto inaspettato sostegno elettorale (potenziale) ancora esistente a livello di massa non avranno vita lunga e, quale che sia il risultato delle prossime elezioni europee, la UE non riuscirà a neutralizzare la lenta e allarmante erosione delle proprie fondamenta politiche.

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Commenti

  1. Ferdinando Mach dice

    21 Novembre 2018 alle 6:54

    La Nave Europea s’è infranta sullo scoglio delle bocciature della Costituzione Europea da parte dei francesi e della fusione tra EADS e British Aerospace da parte della Merkel .

    Tutto il resto è Euro .

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