Negli ultimi mesi diverse sentenze sono intervenute, anche nel nostro paese, sul controverso tema della tutela dei diritti nel metaverso, in particolare nel campo dei copyrights e trademarks. A riprova della rilevanza di una tecnologia che, sia pure con recenti incertezze, muove annualmente cifre ben superiori al miliardo di dollari.
Il più noto caso è quello che ha visto la società Hermès International opporsi all’artista Mason Rotschild. Quest’ultimo nel novembre 2021 poneva in vendita nel metaverso cento NFT (Non Fungible Tokens) rappresentanti la nota borsa Birkin, prodotta appunto dalla Hermès, ricoperta di pelliccia artificiale e con sovrapposizioni di opere d’arte, tra cui la famosa Notte Stellata di van Gogh. Il 3 dicembre 2021 il primo NFT veniva venduto per 42.000 dollari, e il ricavato complessivo avrebbe poi superato il milione di dollari.
La società eccepiva che il termine «MetaBirkin» dato alle borse violasse il marchio registrato Birkin aggiungendo un generico prefisso «Meta», creando quindi confusione tra i potenziali acquirenti e ingenerando la convinzione che Hermès fosse in qualche modo legata al prodotto.
L’artista replicava puntualizzando in primo luogo di aver indicato in un disclaimer l’estraneità del suo prodotto alla Casa Hermès. Sosteneva poi come il rivestire di pelliccia la borsa volesse provocare «una riflessione sulla storica crudeltà della moda verso gli animali», attraverso un’espressione artistica originale. Non si trattava, a suo avviso, di vendere false borse Birkin, ma di creare un’opera d’arte nel solco del famoso barattolo di zuppa Campbell di Andy Warhol.
Da qui l’invocazione alla tutela della libertà di espressione, in questo caso artistica, protetta dal Primo Emendamento della Costituzione americana e riconosciuta da diverse pronunce, tra le quali la Rogers v. Grimaldi del 1989, che giustificavano l’utilizzazione di un marchio quando espressione di attività artistica.
La Corte Federale di Manhattan respingeva il 5 maggio 2022 la richiesta di archiviazione avanzata dal resistente, con riserva di successiva valutazione del carattere artistico degli NFT e dell’uso commerciale che di essi era comunque stato fatto.
L’8 febbraio 2023 veniva accolto nel merito il ricorso di Hermès, riconoscendo l’artista responsabile di «trademark infringement, trademark dilution, and for unlawfully cybersquatting». In relazione all’invocato valore artistico dell’opera, veniva ricordato che il lavoro artistico non è coperto dal Primo Emendamento se l’uso del bene tutelato non è «artisticamente rilevante» per l’opera in esame, ed è invece usato per «explicitly mislead» gli eventuali acquirenti. Rothschild veniva condannato ad un risarcimento di 133.000 dollari. La limitata sanzione, in relazione al valore di causa, è probabilmente legata al fatto che la Hermès non aveva comunque provveduto a tutelare nel metaverso l’NFT del proprio prodotto.
Accenniamo soltanto alla difficoltà di esecuzione della sentenza relativamente alla rimozione del bene dal mercato secondario del metaverso, nel quale il bene stesso continua ad essere trattato, con grande difficoltà nella identificazione dei soggetti responsabili.
Un analogo caso si è verificato nel nostro paese. La società «Blockeras» aveva commercializzato nel 2021 carte digitali NFT riproducenti noti giocatori, per realizzare un torneo calcistico virtuale. Una delle carte raffigurava Christian Vieri (con il quale era stato stipulato un contratto per l’utilizzo dell’immagine) con una maglia della Juventus, società nella quale aveva per diversi anni giocato. Nessun accordo era peraltro stato concluso con la squadra per l’utilizzazione dei suoi simboli. Va anche ricordato che la Juventus aveva cominciato a commercializzare, sempre nel 2021, NFT raffiguranti propri giocatori.
Davanti al ricorso avanzato dalla Juventus, la Blockeras eccepiva che il contratto con Vieri contenesse naturalmente la possibilità di raffigurarlo con le diverse maglie indossate in carriera; ricordando poi come la società torinese non avesse comunque mai registrato, pur commercializzandoli, i propri simboli come NFT.
Il 19 luglio 2022 il Tribunale di Roma accoglieva la domanda cautelare presentata dalla Juventus, inibendo alla Blockeras l’ulteriore produzione e commercializzazione degli NFT, imponendo poi il loro ritiro dal commercio, unitamente ai contenuti digitali ad essi associati. Non possiamo qui soffermarci, per motivi di spazio, sulle ragioni sottostanti la decisione cautelare che molto punta sulla notorietà del marchio Juventus, sulla sua illegittima appropriazione e sulla tutela comunque garantita al marchio in campo internazionale dalla Classificazione di Nizza, anche alla luce delle sue più recenti modificazioni. Si attende al momento la definizione del merito.
Una pronuncia, quella del Tribunale di Roma, che si pone nel solco di analoghe decisioni straniere: ricordiamo quella del novembre 2022 dello United States Patents and Trademarks Office, che ha negato la richiesta di registrazione nel mondo virtuale di beni denominati «Prada» e «Gucci» avanzata da soggetti senza alcun collegamento nella realtà con le società in questione. Anche qui la reiezione è motivata dal fatto che, pur non essendo registrati nel metaverso, i due brands hanno ampia e riconosciuta diffusione nel mondo reale. Ed ancora richiamiamo la causa intentata nel febbraio 2023 dalla Getty Images contro la società Stability AI, per violazione dei diritti di proprietà intellettuale; la class action del gennaio 2023 di tre artisti contro la ricordata Stability AI ed altri per l’uso abusivo di loro opere d’arte nel training del proprio software; la decisione cautelare, nel 2022, dell’Alta Corte di Inghilterra e Galles nella causa Lavinia Deborah Osbourn v. OpenSea ed altri sulla ‘sparizione’ dal metaverso di due NFT di sua proprietà, conosciuti come «Boss Beauties». E potremmo ancora continuare.
Ci fermiamo però qui, nella descrizione di un fenomeno, e dei suoi effetti, che non può più considerarsi limitato al campo dei giochi dell’intrattenimento. Ma che sempre più produce conseguenze in campi diversi del diritto: dalle richiamate questioni su trademarks, copyrights e brevetti alla disciplina contrattuale; dalla privacy alla protezione dei dati; dalla sicurezza informatica ai cyberattacks; dalla concorrenza alla regolazione degli assets virtuali; dai sistemi di pagamento alle norme monetarie e bancarie; dalla legislazione finanziaria e commerciale a quella fiscale; dal riciclaggio alla pedopornografia; dalla tutela dei diritti di proprietà a quella dei diritti biometrici e all’immagine; fino alle questioni che nel mondo reale avrebbero rilevanza penale, come gli atti di violenza perpetrati in quello virtuale contro chi in esso si muove. In definitiva, un universo giuridico quasi tutto ancora da esplorare e, auspicabilmente, regolamentare.
Lascia un commento