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Verità, Post-verità e Fake News

26 Marzo 2018 di Carmelo Vigna Lascia un commento

Si dice e si scrive – contenti – che siamo nell’epoca della ‘post-verità’. Ma poi ci si lamenta delle ‘Fake News’. Questi due modi di sentire non mi paiono, almeno sulle prime, facilmente compatibili. Questo non vuol dire che non siano o non possano essere vissuti nel nostro quotidiano anche appaiati. In fondo, vivere nell’epoca della ‘post-verità’ sembra voler dire vivere in un’epoca in cui si è liberi da un fardello fastidioso. Senza il vincolo della verità, i giochi dell’umana libertà parrebbero meglio garantiti. Ma quando poi si incorre nelle ‘fake news’, ci si infastidisce e anche si grida allo scandalo. A torto, verrebbe da ribattere. Se siamo nella post-verità, perché dovremmo scandalizzarci davanti alle ‘bufale’? Non fanno anch’esse parte della ‘post-verità’? E ancora: se la verità non è più in giro, come accusare qualche notizia di falso? Falso è il non-vero (il contrario del vero). E se il vero è sparito, come capire che qualcosa è l’opposto (contrario) del vero? La scienza dei contrari è unica, ammonivano i filosofi antichi.

Qualcosa non torna, evidentemente. Provo allora a suggerire alcune (poche) indicazioni per tentare di ridurre lo sconcerto. E anche determinare il torto. [Leggi di più…]

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«Verità» e «post»: maneggiare con cura

1 Maggio 2017 di Stefano Bancalari 2 commenti

Sui rischi della post-verità si è già detto molto. Forse però è bene riflettere anche sui rischi della «post-verità» (tra virgolette), connessi cioè all’idea stessa, nata con le migliori intenzioni, che stia accadendo oggi qualcosa di nuovo nel nostro rapporto, pubblico e privato, con la verità. Ne vedo almeno tre.

1. La critica alla post-verità, all’uso politico dei «fatti alternativi», alla diffusione a scopo di lucro delle bufale in rete, all’indifferenza dilagante per riscontri e controllo delle fonti (critica – a scanso di equivoci – sacrosanta) inevitabilmente tende a rimbalzare sull’idea di verità che la motiva e a modellarla a sua immagine: tende a fare dell’una un calco dell’altra. Senza che ci si rifletta troppo, la battaglia contro la post-verità insinua per contraccolpo l’equazione tra il vero e il fatto, che assurge a unica sorgente legittima di evidenza e oggettività. Il corollario è che chiunque osi mettere in dubbio questa equazione è post-moderno, cioè, in ultima analisi, un detrattore della verità. La «post-verità» rischia insomma di decidere della «verità» e di portare involontariamente altra acqua al mulino della semplificazione e del prêt-à-porter: con buona pace di chiunque continui a vedere nella verità un concetto non proprio facilissimo da definire e si attardi a sollevare qualche domanda, magari di natura filosofica, in proposito. [Leggi di più…]

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Non è vero ma ci credo. Se Post-verità è la parola dell’anno.

20 Aprile 2017 di Mario Morcellini 1 commento

[*L’articolo è stato scritto dall’Autore insieme a Marzia Antenore]

Secondo l’Oxford English Dictionary, ‘Post-Truth’ è la parola più importante del 2016, quella che meglio riflette il clima dell’anno trascorso. Il comitato di esperti incaricato della selezione da una shortlist di tutto rispetto, la definisce come condizione «in cui i fatti oggettivi risultano meno influenti del ricorso alle emozioni e alle credenze personali nel formare l’opinione pubblica». La scelta è certo influenzata da due eventi politici epocali, legati al mondo anglosassone. La Brexit e l’elezione di Trump alla Casa Bianca, entrambi attribuiti al ciclo di informazione intenzionalmente mendace, circolata senza controllo durante le campagne elettorali. Ha ragione Antonio Nicita quando, sul «Foglio», scrive che vi è un destino comune che lega l’uomo dell’anno per Time, Donald Trump, con la parola dell’anno, ‘post-verità’, se l’interesse principale del candidato presidenziale è infiammare i cittadini invece che informarli sui fatti. In effetti, il prefisso ‘post’ non definisce tanto parametri temporali – un periodo successivo a un determinato evento – quanto vere e proprie coordinate concettuali: ‘post’ come momento in cui il sostantivo a cui ci si riferisce è diventato poco importante o addirittura irrilevante. [Leggi di più…]

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Verità e post-verità nella società dello spettacolo

3 Aprile 2017 di Adriano Fabris 2 commenti

In questi mesi si parla tanto, forse fin troppo, di «post-verità». Sarà il fatto che l’Oxford Dictionary ha decretato che quest’espressione è la parola dell’anno; sarà che essa viene collegata a ciò che accadendo nella comunicazione politica di mezzo mondo: in ogni caso questo termine è ormai di moda. E tuttavia, come per molti vocaboli alla moda, non sappiamo bene che cosa esso voglia dire, nonostante gli interventi più o meno dotti che si moltiplicano sull’argomento (e ai quali si aggiunge adesso anche il mio).

Cominciamo con il chiarirci un po’ le idee. Se la post-verità è qualcosa che viene ‘dopo’, che è ‘oltre’, la verità, dobbiamo chiederci anzitutto che cosa significa questa parola, la parola ‘verità’. Lungi dal rifiutarci di rispondere a questa domanda, come fa Gesù davanti a Pilato, possiamo azzardarci a distinguere alcuni modi in cui il termine viene usato e che si ripropongono nella storia del pensiero. C’è la concezione – a cui in questa storia fanno riferimento, sia pure in modi diversi, Aristotele, Tommaso d’Aquino e Tarski, e che è ben radicata anche nel senso comune – di una ‘verità’ intesa come ‘corrispondenza’: corrispondenza fra ciò uno pensa e ciò che in realtà è, o fra ciò che uno dice e ciò che in realtà è. C’è poi l’idea – riportata a nuova vita nel Novecento da Heidegger, con riferimento al mondo greco, ma ben presente anche nella tradizione ebraico-cristiana – della ‘verità’ come ‘rivelazione’, ‘manifestazione’, ‘disvelamento’ di qualcosa: un rivelarsi che, comunque, ha bisogno di una narrazione per essere attuato nel concreto. C’è, ancora, la persuasione che non può esserci ‘verità’ senza coinvolgimento in prima persona. In questo caso la corrispondenza si dà fra ciò che penso e ciò che dico, e più che di ‘verità’ è bene parlare di ‘veridicità’.

Questi sono alcuni dei significati della parola, probabilmente i più influenti. Se le cose stanno così, allora, a quale significato di ‘verità’, o a quali significati, si riferisce l’espressione ‘post-verità’? Al di là di quale accezione, più in dettaglio, veniamo condotti dalla capacità manipolatrice dei mezzi di comunicazione, usati spregiudicatamente? [Leggi di più…]

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«La calunnia è un venticello». A proposito di post-verità

6 Marzo 2017 di Pierluigi Valenza Lascia un commento

La scelta del termine «post-truth», in italiano «post-verità», come parola dell’anno da parte dell’Oxford Dictionary avrebbe potuto entrare a far parte di quelle curiosità dicembrine, quando si stilano bilanci e classifiche di un anno che se ne sta andando, qualcosa quindi di cui si discute nelle pagine culturali o in qualche editoriale erudito, insomma da lasciarsi rapidamente alle spalle a fronte di questioni più serie. Non è invece andata così, per fortuna.

Intanto ricordiamo il preciso significato del termine e la ragione della sua indicazione come parola dell’anno. Il significato: «post-truth» è un’aggettivazione definita come «relativa o denotante circostanze nelle quali i fatti oggettivi sono meno influenti nel formare l’opinione pubblica rispetto alle emozioni e alle credenze personali» (https://en.oxforddictionaries.com/word-of-the-year/word-of-the-year-2016). Le ragioni dell’indicazione come parola dell’anno sono da riportare alla crescita esponenziale del suo uso (in ambito anglofono, secondo il sito dell’Accademia della Crusca [http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/viviamo-nellepoca-post-verit], del 2000% rispetto al 2015) legato soprattutto a due eventi politici dirompenti quali la Brexit e l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Nella campagna pro-Brexit e nella campagna elettorale americana si è fatto ampio uso di notizie facilmente smentibili e che tuttavia sono risultate efficaci nell’orientare l’opinione pubblica: Annamaria Testa in un suo intervento su Internazionale on-line (http://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2016/11/22/post-verita-facebook-trump) cita i fact-checker del Washington Post, ovvero il grado di falsità di notizie fatte circolare misurato in Pinocchi, ricordando le ben 59 affermazioni da quattro Pinocchi di cui si è giovato Donald Trump nella sua campagna, con esempi del tipo: «La disoccupazione negli Usa è al 49 per cento» – in realtà è al 5 per cento. [Leggi di più…]

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Dall’opinione pubblica alla post-verità: la dialettica del post-moderno

27 Febbraio 2017 di Roberto Mordacci 1 commento

Nell’edizione del 1781, l’Oxford Dictionary registra per la prima volta l’ingresso nel linguaggio comune dell’espressione public opinion. Con essa ci si riferisce, come negli analoghi contemporanei opinion publique francese e öffentliche Meinung tedesco, all’opinione di un pubblico colto e criticamente avvertito, pronto a far valere il proprio peso nella discussione sulle scelte dei governanti e sui problemi sociali emergenti. Come scrive Edmund Burke in quegli anni, «In un paese libero, ogni uomo pensa di avere interesse a tutte le questioni pubbliche, di avere il diritto di formarsi e manifestare un’opinione su di esse. Egli le filtra, le esamina e le discute. È curioso, appassionato, attento e geloso; e, facendo di queste questioni il soggetto quotidiano del loro pensiero e delle loro scoperte, molti raggiungono una tollerabile conoscenza di sé e alcuni ne raggiungono una ragguardevole» (Burke’s Politics , New York 1949, p. 106).

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