Sono sicuro che, affascinati dai molti pensosi editoriali(sti) del Corriere della Sera, molti di voi stanno mettendo a buon frutto le vacanze. Il tema è chiarissimo: ‘come creare una nuova classe dirigente’. Lo svolgimento si preannuncia complicato assai, ma, niente paura, condivido con voi quello che so, anche grazie alla scienza politica e al metodo comparato. Escluso che la nuova classe dirigente possa provenire dai giornalisti, nonostante le posizioni di rilievo acquisite in politica da Toti, Mulé, Cangini e nel passato, fra gli altri, da Antonio Polito, Minzolini, Lilli Gruber, dovremmo guardare, esempio di comparazione intertemporale, all’Italia del 1945-48 e almeno alla Francia di quel periodo e successivamente.
Le biografie professionali e le esperienze personali dei componenti delle classi dirigenti sono figlie dei tempi, ma anche dei modi. Lo furono per i Costituenti italiani e per i compagnons de la Résistance di de Gaulle. Si temprarono nella ricostruzione, anche per imprenditori e sindacalisti, e nella Guerra Fredda. Furono selezionate in una situazione fortemente conflittuale.
Non basteranno, dunque, le esortazioni che, spesso, sembrano venire da chi è convinto di essere già classe dirigente. Sarà necessario guardare ai luoghi e ai nuovi tempi. Luogo principe di formazione di una relativamente piccola parte della classe dirigente è certamente la Banca d’Italia. Trasmissione di conoscenze, selezione in base al merito, senso civico, patriottismo e visione europea. Naturalmente, tutto questo serve, ma non basta e non è imitabile. Il resto dobbiamo cercarlo guardando a quello che non è, a cominciare dai partiti.
Da tempo, la classe dirigente non viene più dalle organizzazioni partitiche, non a causa di un destino cinico e baro, ma perché nessuno ha ricostruito le culture politiche inabissatesi intorno al 1989, e perché le scuole di partito non hanno la minima idea di quello che dovrebbero insegnare diventando meste passerelle di dirigenti esibizionisti. Inoltre, nelle elezioni prevale la pratica della cooptazione, notoriamente mai orientata alla selezione dei migliori che, quando tali effettivamente sono, fanno ombra e vogliono esercitare autonomia.
L’assenza di competizione è dominante all’interno dei sindacati, ma più in generale riguarda l’intero sistema sociale e culturale. Respingere qualsiasi modalità di valutazione dell’operato, a cominciare dalla scuola, università compresa, deprime i migliori e non fa affatto crescere gli ultimi. Non basta non ‘lasciare indietro nessuno’. Bisogna premiare chi sa andare avanti ispirando e trainando, anche con la forza dell’esempio, molti altri.
Oggi il luogo principe della competizione e dell’emulazione è l’Unione Europea. La nuova classe dirigente sarà quella preparatasi in scambi di vario titolo e durata con gli altri Stati-membri, in programmi come l’Erasmus, in tirocini internazionali, in gruppi di ricerca multinazionali. Conoscere la storia, anche della scienza, e le lingue è la premessa di qualsiasi attività a livello europeo, di qualsiasi crescita culturale, di qualsiasi spirito di corpo. Non saranno i 200 miliardi e più di euro che vengono da Bruxelles a fare uscire in Italia una nuova classe dirigente come Minerva dalla testa di Giove, ma l’opportunità è grande nonché irripetibile. Su quel terreno di investimenti e di riforme si possono misurare le competenze, le si possono premiare e possono nascere comunità di intenti e di valori che fanno una classe dirigente. Hic Bruxelles hic salta.
Michele Magno dice
Semplicemente perfetto