Apprendiamo che Nicola Zingaretti, le cui benemerenze culturali non sono note né al grande pubblico né a me, sostituirà Gianni Cuperlo alla Presidenza della Fondazione del Partito Democratico. Dovrà, nelle parole della segretaria, avere quello sguardo «lungo e largo» necessario al partito. Quando ascolto queste banalità, mi intristisco. Hanno quasi tutti smesso di studiare tempo fa, pochi lo avevano fatto e ancora meno, fra questi Cuperlo, hanno continuato.
Il mio tic di Pavlov consisterebbe nel chiedere a Zingaretti quale libro sta leggendo, chiedo scusa, quale è l’ultimo libro che ha letto (la domanda vale anche per Schlein). So che verrei sbeffeggiato. Non sanno gli sbeffeggiatori che la loro reazione rafforza la mia convinzione che da tempo la cultura non abita più nel Partito Democratico. Anzi, probabilmente, nonostante le roboanti affermazioni sulla raccolta delle migliori culture riformiste del paese, comunque giunte esauste e al capolinea nell’anno 2007 dopo Cristo, il PD di cultura politica praticamente non ne ha (ne ho discusso nel fascicolo di «Paradoxa», 4, 2015: La scomparsa delle culture politiche in Italia.
Cuperlo faceva del suo meglio, ma certamente era consapevole che quel suo partito frastagliato in correnti dedite alla riproduzione di posti, di cultura politica produrne non poteva, ma il galleggiamento garantiva che in qualche modo circolassero idee. Era, poi, nella sua, immagino piena, consapevolezza, la sua personale non centralità politica, a impedire che fossero le idee a guidare l’azione politica. La movimentista Schlein coerentemente si agita e agita alcune idee che, per quel che conta, spesso coincidono con alcune mie preferenze. Ma lo sguardo non mi pare né lungo né largo, abbastanza sbilenco e centrato sui dintorni, su coloro che l’attorniano. Da movimento a istituzione, poi, come hanno brillantemente scritto Max Weber e Francesco Alberoni, il passo è talmente lungo che, spesso, proprio non riesce.
Provocatoriamente, adesso subito, desidererei che Zingaretti suggerisse e/o si facesse suggerire quei cinque-sei libri non solo di autori contemporanei, ma anche di classici, non solo utili per la citazione ad effetto, ma per l’impostazione di una strategia riformista, progressista, pluralista, europeista. No, non mi sono dimenticato ‘pacifista’; l’ho omessa deliberatamente. Non ho l’aggettivo per giustizia sociale, ma questo obiettivo è la stella polare della cultura progressista. Se non lo fosse, un dibattito aperto, non per linee correntizie, dovrebbe costituire la prima attività lanciata da Zingaretti, magari con l’invito a Cuperlo a tenere una delle relazioni introduttive,
Come? Mi state dicendo che non funzionano così i partiti? Che questo tipo di dibattito non sta nel DNA del Partito Democratico? Mi piace avere ragione, ma sarei ancora più contento di averla a ragion veduta. A dibattito consumato. Realismo della ragione.

Laura paoletti dice
Paradoxa, considerando emblematico il caso Cuperlo, ha inteso, appunto, avviare il dibattito e rimanda, oltre i commenti ulteriori che il Forum ben volentieri ospiterà, ad una successiva iniziativa in proposito. Si tratta di un tema che non va lasciato cadere
Ida Regalia dice
Caro Gianfranco, benissimo! Per quanto può contare, concordo.
Ma se provassi anche a indicare quei 5-6 libri importanti?…
Altri potrebbero magari aggiungersi, commentare, avviare un dibattito di merito, oltre le allusioni…
raffaella gherardi dice
Perfetta analisi caro Gianfranco che potrebbe essere estesa a tutto campo anche agli altri partidi politici dello schieramento opposto. Di fronte all’interrogativo “Chi ha paura della cultura politica?” ho l’impressione che si farebbe davvero una bella fatica a contare e a trovare qualche esponenti della classe politica capace di andare oltre slogan superficiali triti e ritriti…