Quale modello di giustizia è venuto prevalendo nel nostro Paese? Per rispondere ho chiamato in causa John Rawls, chiedendomi in che modo, varcando le nostre frontiere, un personaggio condizionato dal velo di ignoranza avrebbe potuto percepire la situazione italiana. Giunto da noi, poiché interessato alle istituzioni, volse il suo sguardo alle nostre prassi politiche. In particolare agli atti di governo. Si sarebbe aspettato di trovarsi di fronte a uno Stato sovrano analogo al suo Paese. Quale non fu il suo sconcerto nel vedere che gli atti di indirizzo politico, gli atti di un ministro nell’esercizio delle sue prerogative, in molti casi fossero sottoposti al sindacato giurisdizionale ordinario, quasi fossero delibere di un comune o di una regione! Così, pensò che l’Italia non fosse propriamente uno stato sovrano; fosse piuttosto una semplice regione o comunque un ente ‘locale’. [Per saperne di più…]
Le elezioni americane e la sovranità dei privati
La storia degli Stati Uniti d’America è caratterizzata da profondi conflitti sociali che, in alcuni casi, sono sfociati in una vera e propria guerra civile. Non ci deve, dunque, meravigliare il conflitto montante che si è manifestato con tutta la sua forza in occasione delle ultime elezioni del Presidente dell’Unione.
Molto si è discusso in questi ultimi giorni e varie sono state le interpretazioni delle ragioni dei conflitti che sono ultimamente insorti. Spesso, però, le discussioni si sono focalizzate su aspetti particolari, che a mio parere hanno finito per celare delle trasformazioni per così dire più profonde, una fra le quali sembra particolarmente significativa. Si tratta dell’emergere di una contrapposizione fra chi vuole subordinare lo Stato e chi intende farsi politicamente proteggere da esso. [Per saperne di più…]
Fatti e dis-fatti (Splendeurs et misères…) – 2° parte
La mancanza di un indirizzo autenticamente nazionale ha finito per esaltare, da un lato, il conflitto fra i vari gruppi sociali, da un altro lato la nostra subordinazione al gioco delle potenze sul piano internazionale. La competizione fra est e ovest ha investito i partiti istituzionalizzando il conflitto presente nella società italiana, impedendo qualsiasi sintesi autenticamente nazionale e spingendo i partiti verso pratiche compromissorie talvolta occulte, talaltra manifeste.
Questa condizione, questi fatti hanno condotto ad una seconda dis-fatta: la corporativizzazione della società, priva di un autentico momento di sintesi.
Fatti e dis-fatti (Splendeurs et misères…) – 1° parte
Nel romanzo Il Primo Ministro, Anthony Trollope descrive minutamente, con feroce realismo e con sottile arguzia, la vita politica inglese del suo tempo ed in particolare la democrazia del suo Paese, i vizi e le virtù della classe politica, l’uso della stampa diretto a manipolare l’opinione pubblica.
Descrive tutto ciò in quello che potremmo definire come il periodo aureo della potenza inglese e delle sue istituzioni di governo.
Il quadro che ne risulta è non dissimile, quanto meno nei suoi tratti fondamentali, da ciò che scorre quotidianamente di fronte ai nostri occhi; ovvero nella nostra Italia.
Il paradosso dei paradossi di Davide Casaleggio
Nella prima pagina del «Corriere della Sera» è apparso un articolo di Davide Casaleggio dal titolo Casaleggio: i 7 paradossi della democrazia; a sbagliare non è mai chi vota. In esso si ripropongono le supposte virtù della democrazia diretta e in particolare di quella digitale. Attraverso la denuncia di sette paradossi si finisce per affermare alcuni principi ritenuti quasi indiscutibili: il rappresentato dovrebbe decidere sempre; lo Smartphone è un semplice strumento, e non un medium, quando si partecipa; ci si preoccupa più che chi vota sbagli, piuttosto di spiegargli le nostre ragioni; una comunità decide meglio della propria intellighenzia; ascoltare i cittadini fuori dal voto non collide con il rispetto delle istituzioni; una comunità che vota si unisce anche se al suo interno vi siano opinioni diverse.
Eclissi e permanenza dei valori. Benedetto XVI e i mali della Chiesa
Lo scritto di Benedetto XVI sui mali della Chiesa e non solo, le sue riflessioni sui nostri stessi mali toccano una questione di fondo che riguarda la stessa condizione etica dell’epoca moderna: il conflitto fra una concezione ascetica del bene e una visione secolarizzata che pone dominante il piacere. Quello fra l’idea che vi siano valori indisponibili e la concezione che i valori li farebbe dipendere da una valutazione delle condizioni nelle quali ci si venga a trovare. In altre parole fra un’etica ascetica e un’etica fondata su quelle teorie probabilistiche che furono elaborate in ambito cattolico in concomitanza con l’affermazione del capitalismo. [Per saperne di più…]
Il ’68: tra iper-capitalismo e anti-nazionalismo
La riflessione di Cofrancesco sul ’68 ha il merito di aver colto con lucidità forse la ragione più profonda della crisi attuale del nostro Paese, la perdita del sentimento di appartenenza ad una comunità politica.
Il nostro sentimento nazionale è talvolta minato da una sottile malattia. Una sorta di senso servile che gli impedisce di riconoscere il valore di una identità anche nel momento semmai della disfatta. Mi sono chiesto se anche nel sessantotto non si annidasse un tale senso. E mi sono purtroppo risposto che sì, ancora una volta in quel periodo ci siamo trovati di fronte al manifestarsi di quella malattia endemica.
Retrospettivamente, a mio parere, in un tale periodo quest’ultima ha ripreso vigore a causa dell’ipercapitalismo che ha surrettiziamente influenzato i vari movimenti di protesta. [Per saperne di più…]