Commentando sul «Foglio» di qualche mese fa il volume di Tim Bale e Cristobal Rovira Kaltwasser, Riding the populist wave. Europe’s maintream right in crisis (Cambridge U.P., 2021), Luciano Capone ha rilevato che «la lunga e silenziosa crisi dei ‘moderati’ è un serio problema per il futuro delle democrazie europee». In Italia, in Francia, in Germania, in Spagna – per limitarci a questi paesi – i vecchi partiti moderati, liberali, europeisti («le forze democratico-cristiane, popolari, moderate e liberalconservatrici, sono quelle che hanno costruito l’Europa, basta guardare il profilo politico-culturale di Adenauer-De Gasperi-Schuman»), oggi quegli stessi partiti vengono dissanguati dal rifluire dei loro elettori di un tempo verso movimenti sovranisti, antiglobalisti, identitari.
Quante illusioni sulla Cina
Una compianta amica e collega di tanti anni fa, divenuta scettica nei confronti del comunismo e dell’URSS ma rimasta estranea al mondo borghese e all’Occidente capitalistico, aveva deciso di non occuparsi più di filosofia e di ideologia politica per dedicarsi allo studio della filosofia della scienza – una disciplina lontana dal marxismo esistenzialistico e fenomenologico dei suoi lavori accademici. Dietro tale svolta, v’era l’idea che solo la fisica, la matematica, la biologia etc. avevano a che fare con il ‘reale’ e che, pertanto, soltanto sul loro terreno – e non su quello che delle ‘repubbliche immaginarie’ su cui esercitava il suo sarcasmo Machiavelli – si potevano trovare delle certezze (non certo riguardate come gli «aridi veri» di Leopardi) e non delle opinioni, sempre per definizione mutevoli e inaffidabili.
Recensori con la bava alla bocca
Ci sono recensori armati di scimitarra e altri che prediligono il fioretto. Appartengo alla prima categoria e non me ne vergogno. E tuttavia un conto è la stroncatura (di cui già nel primo Novecento si lamentava la scomparsa), un conto ben diverso è l’attacco personale, l’insulto con la penna intinta nel fiele.
È la penosa impressione fatta – non solo a me ma a tanti colleghi universitari storici e filosofi che mi hanno scritto – dalla replica di Emilio Gentile a Gianfranco Pasquino nel lungo articolo Non soprassediamo sul totalitarismo («Il Sole 24 Ore», 4 luglio 2021), Lo scienziato politico, nel suo ultimo libro, La libertà inutile. Profilo ideologico dell’Italia repubblicana (Utet, 2021) aveva scritto: «Per i regimi non democratici esistono due generi: autoritarismo e totalitarismo. [Leggi di più…]
Elogio della vendetta
Nel suo denso e meditato intervento su ParadoxaForum, L’estradizione e il senso della giustizia (10 giugno u.s.), Umberto Curi, parlando dei dieci esponenti della lotta armata da tempo riparati a Parigi, dei quali a nome del governo Draghi ha chiesto l’estradizione, ha scritto: «Per ciascuno di essi, quali che siano i reati commessi, e quale che ne sia stata la gravità, è evidente che l’infliggere una pena non potrebbe cancellare o compensare la sofferenza inflitta ai familiari delle vittime, e finirebbe semplicemente per aggiungere dolore a dolore. Presumibilmente mossa dalla consapevolezza dei limiti ineliminabili della concezione giuridica della pena, nel corso di un’intervista Marta Cartabia, la Ministra della giustizia, ha evocato quello che si sta affermando come paradigma alternativo, rispetto ai modelli tradizionali di pena, vale a dire la giustizia riparativa. Si tratta di attivare un complesso percorso di riconciliazione fra il reo e la vittima (o i suoi congiunti), sostituendo all’astratta inflessibilità della pena la pratica del sincero riconoscimento delle proprie colpe e della riparazione del male inflitto. Affrontando insomma, per dirla con una formula, il male (del reato) col bene (della riconciliazione)». Si tratta, a suo avviso, di un itinerario di mutuo riconoscimento che dovrebbe spezzare la logica perversa della vendetta. [Leggi di più…]
Bergoglio, lo storicismo italico e il gioco delle tre carte
Confesso di provare un forte penchant per Papa Bergoglio. È un pontefice che ignora il politicamente corretto, dice quel che pensa senza curarsi della weberiana ‘etica della responsabilità’, prova una sofferenza autentica e sincera dinanzi ai mali del mondo, alla fame che non demorde nelle regioni dei dannati della Terra, ai bambini africani che muoiono per mancanza di cure, alle ingiustizie nella distribuzione dei beni prodotti dall’uomo, al saccheggio del pianeta, al bieco sfruttamento delle risorse naturali dettato dalla logica del profitto.
Quanti muovono guerra al ‘capitalismo selvaggio’, almeno in certi momenti della sua vita, hanno riscosso la sua simpatia, si chiamino Peron o Castro, Chavez o Maduro. Al contrario, non ha mai nascosto il suo disagio nell’incontrare i capi delle potenze occidentali e degli Stati Uniti, in particolare, che elevano alte barriere ai reietti che dal Sud cercano di entrare negli States nella speranza di ottenere le tre t «che ci rendono degni: techo, tierra y trabajo» (tetto, terra e lavoro). La filosofia di Bergoglio segna davvero un’epoca, quella del punto d’approdo dell’etica universalista iscritta nel Vangelo e, per così dire, ‘secolarizzata’ dalle grandi rivoluzioni atlantiche. [Leggi di più…]
Finché c’è guerra civile c’è speranza
Due anni fa Sheri Berman, docente del Barnard College (Columbia University) e autrice di un importante saggio su Democracy and Dictatorship in Europe (Oxford U.P., 2019), pubblicò su «The Guardian» un articolo che mi è venuto in mente in queste settimane, Why Identity Politics Benefits the Right more than the Left.
L’enfasi sull’identità e le differenze – era la sua tesi – sia pure dettata dalla sincera passione politica di chi si fa paladino dei gruppi discriminati (donne, neri, gay etc.), non rafforza la partecipazione autentica di cui ha bisogno una sana democrazia liberale ma esaspera la conflittualità in modo pericoloso. La differenza, infatti, diventa la linea attorno a cui si dispongono tutte quelle appartenenze trasversali che garantiscono, in una società moderna, come insegnò il geniale Georg Simmel, la convivenza civile. [Leggi di più…]
La truffa dell’hate speech a senso unico
Tempo fa, in un servizio televisivo dal Medio Oriente, venne chiesto a un imam per quale ragione ai musulmani fosse concesso di costruire moschee in Europa mentre ai cristiani fosse interdetto edificare chiese in molti paesi arabi. «Ma perché Allah è il vero unico Dio», rispose prontamente l’imam. Un conto è erigere templi alla Fede, un conto è erigerne alla Superstizione.
È una risposta che mi torna spesso in mente leggendo le condanne dell’hate speech, culminate nella (per me assurda) costituzione della Commissione Segre, incaricata di combattere l’odio e di contribuire ad estirparlo dal mondo.