La ‘questione Europa’ rimane storico-mondiale anche oggi. È giusto evocarla di nuovo in vicinanza delle elezioni per il Parlamento europeo, di particolare rilevanza. La richiamerò come filosofo che ritiene che l’immagine più profonda di un’epoca si palesi nella filosofia. Qui non penso l’Europa come identica all’Occidente, inteso come terra del tramonto e della sera (Abendland); non ritengo che il concetto di Europa implichi un continuo tramontare: in esso piuttosto traluce il possibile svolgimento di una verità originaria, di un ‘arché’ che stabilisce un inizio. Questo non è semplicemente una partenza, ma una provenienza che include necessariamente una destinazione e la tensione verso essa. L’anima della casa comune dei popoli europei risiede dunque nella “europeità” più che nell’‘occidentalismo’. [Leggi di più…]
Lavoro, uomo e robotica
Non è lontano il Primo Maggio che viene indicato come festa del lavoro o anche festa dei lavoratori. Molto a lungo si è assunto con ottime ragioni che il lavoro e i lavoratori si rinviassero l’un l’altro, che l’uno fosse lo specchio dell’altro: non vi era dubbio che il lavoro fosse eseguito dai lavoratori. Oggi la robotica fa del suo meglio per separare persona e lavoro, e per fare del lavoratore il residuo di un tempo che indietreggia nel passato. In futuro potrebbe nascere una società oberata di lavoro manuale, ma senza lavoratori sostituiti dai robot. Ci si domanda che cosa vorrà significare domani la virtù di laboriosità, cantata e esaltata instancabilmente per millenni nei codici morali, libri sacri, sapienza popolare, e segno distintivo di una vita umana riuscita. Racconti e letteratura sono colmi di aforismi e citazioni in cui la vita felice sta in un lavoro che piace e in un amore corrisposto. «Per rendere un uomo felice, riempi le sue mani di lavoro, il suo cuore di affetto, la sua mente con uno scopo, la sua memoria con conoscenze utili, il suo futuro di speranza, e il suo stomaco di cibo» (Frederick E. Crane). [Leggi di più…]
Le differenze tra filosofia pubblica dell’ISC e cultura liberal-libertaria
Dino Cofrancesco (Un commento a Vittorio Possenti, 9 gennaio) è intervenuto sul mio L’insegnamento sociale della chiesa fonte di ispirazione per molte dottrine politiche? (12 dicembre 2016), in cui sviluppavo l’idea che tale insegnamento (ISC) potesse e dovesse costituire un punto di riferimento obbligato per i fondamentali orientamenti nel dibattito mondiale in corso, valendo come la “filosofia pubblica” forse più elaborata e solida oggi disponibile. In proposito scrivevo: “Per aiutare la nascita di nuove culture politiche sono necessari molti fattori di vario ordine. Dobbiamo evitare come la peste il ‘metodo twitter’, che con i suoi messaggi brevissimi scatena emozioni e fa appello a parole d’ordine che impediscono alla gente di pensare: il twitter è il ritratto fedele e infelice della situazione civile e del dibattito politico italiano. Ci vuol altro, ci vogliono idee, passioni, sentimenti, carne e mente, lucidità. Necessaria è la capacità di ascolto, ma non solo: occorre trovare un possibile terreno d’incontro postideologico. Avanzo una proposta o meglio un suggerimento in punta di piedi, sapendo che può facilmente essere preso di traverso. Un possibile luogo d’incontro è quello dell’insegnamento sociale della Chiesa che non è in senso stretto una cultura politica ma una fonte primaria di ispirazione per diverse culture politiche”. [Leggi di più…]
L’insegnamento sociale della chiesa fonte di ispirazione per molte dottrine politiche?
La questione delle culture politiche italiane e della loro quasi scomparsa nel corso degli ultimi 25 anni è tema appassionante e concreto, a cui Paradoxa ha dedicato il n. 4 del 2015 (ottobre-dicembre) con contributi di prim’ordine. Essi hanno ripercorso i momenti storicamente di svolta e le principali battaglie ideali in cui hanno preso carne tali culture (socialista, cattolico-democratica, comunista, di destra, azionista, liberale, federalista, gramsciazionista). Con tesi ad effetto ma non infondata G. Pasquino sostiene che nella notte in cui crollò il muro di Berlino, crollarono parimenti le molteplici culture politiche italiane, che già all’epoca mostravano variamente segni di fragilità. Il giudizio è forte, e gli stessi interlocutori hanno perlopiù mantenuto la speranza che talune tra quelle culture politiche non siano definitivamente tramontate.