Premetto che questo è un articolo che non avrei voluto e dovuto scrivere. Il dibattito italiano sulla riforma della legge elettorale è talmente deprimente da non meritare lo spreco di altro inchiostro. I politici, tutti senza troppe distinzioni, sono degli ignoranti manipolatori: ignorano del tutto la materia, ma non vogliono privarsi del gusto di piegarla ai loro comodi interessi di brevissima durata. È evidente a tutti che, dopo più di trent’anni di dibattito pubblico sul tema, ancora faticano a capire che cos’è e come funziona un sistema elettorale. Quando non sanno più cosa inventarsi, tirano fuori dal cilindro un latinetto senza senso, convinti di camuffare così la loro monumentale ignoranza.
A rimorchio, per così dire, arrivano poi i giornalisti che riescono a rendere ancora più incomprensibile una discussione sconclusionata e insensata. Ormai è matematicamente provato che ogni mattina un lettore italiano di un qualsiasi quotidiano si alzerà e leggerà un articolo sbagliato sui sistemi elettorali passati, presenti o futuri. Sabato, crepi l’avarizia, abbiamo addirittura fatto il bis: prima è arrivato il direttore del Fatto Quotidiano, l’intransigente Marco Travaglio, a segnalarci che gli elettori tedeschi votano con due schede (ne esiste una sola) e poi si è aggiunto il vice-direttore di Repubblica, Massimo Giannini, a ricordarci che nel famigerato Porcellum i ‘nominati’ nelle liste bloccate erano soltanto la metà. Non so cosa sia esattamente la post-verità, ma qui ci stiamo avvicinando a passo speditissimo. Invece, per chi ha aperto i giornali domenica, la palma della mala información va al fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, che ha infilzato una serie di labirintici nonsense dai quali è difficile non uscire storditi.
In questo Circo Barnum dell’elettoratologia italiana non mancano certo gli esperti del settore, più presunti che reali. Loro, politologi o costituzionalisti a pieno servizio, sono i veri trapezisti dello show: riescono a saltare da un modello all’altro con l’abilità e l’agilità di un giovane Tarzan, sempre sulla scia delle vorticose capriole dei politici rampanti di turno. Esemplari, in questo senso, sono le piroette giuridiche dei giudici della Corte costituzionale, le cui sentenze in materia non hanno nulla da invidiare alle arringhe del peggior azzeccagarbugli. Siamo addirittura arrivati ormai al paradosso che qualsiasi normativa elettorale non riuscirebbe a superare indenne la giungla di condizioni ed eccezioni di costituzionalità elaborate dai sottili dottori della Legge radunati alla Consulta. [Leggi di più…]