Ho incontrato Giovanni Sartori per l’ultima volta il 23 ottobre, nella sua casa romana, avvolto come sempre da appunti, libri, ritagli di giornale e una vestaglia blu cobalto che sapeva indossare con grande maestria. L’età, i suoi quasi 93 anni, stavano mettendo a dura prova la sua resistenza fisica. Si lamentava perché non poteva più scrivere: quella mano, con la quale aveva scritto gli articoli più pungenti per il «Corriere della Sera» o alcuni dei capolavori assoluti della scienza politica, tuttora insuperati, continuava irrimediabilmente a tremare e non gli permetteva più di trasferire sulla carta le ancora tantissime idee che gli giravano per la testa. Per lui, che della parola scritta e della pulizia dei concetti e del linguaggio è sempre stato un maestro, quella era una condanna pesante, una punizione di cui non riusciva a darsi pace. [Leggi di più…]
Varia
Legge elettorale carsica: bentornato, Mattarellum.
Dov’è finita l’urgentissima legge elettorale? Sono i gufi a fare melina oppure i renziani che, rattrappiti dopo la botta alla legge più bella d’Europa, boccheggiano? Sono quei renziani a temporeggiare sperando di trarre qualche linfa dalle votazioni per il prossimo segretario? Ma se la legge elettorale è di tutti e per tutti perché attendere l’evento di un partito? Comunque, alla Camera dei deputati quel che ne rimane del Partito Democratico ha la maggioranza assoluta dei seggi. È sufficiente che introduca il Mattarellum, magari come primo atto riformista dell’inopinato Ministro delle Riforme Anna Finocchiaro, e lo faccia votare. Dopo, brevissimo il passo, toccherà al Senato dove il PD finalmente nominerà il Presidente della Commissione Affari Costituzionali, per esempio, un Senatore competente come Federico Fornaro, adesso di Art. 1, e subito dopo chiederà a uomini e donne di qualche volontà di procedere all’approvazione perché prima o poi si tornerà alle urne e, insomma, è meglio avere una legge votata dal Parlamento piuttosto che un testo scribacchiato (eh, sì, cara Corte Costituzionale, proprio di scribacchio si tratta) da non proprio competentissimi giudici. Le leggi elettorali non sono affare da giuristi, ma richiedono conoscenze politologiche. Periodicamente, è anche giusto ricordare a quelli che parlano di sovranità popolare che il Mattarellum non è caduto dal cielo e neanche dalla Consulta, ma è stato in prima e grandissima misura il prodotto di un referendum popolare approvato il 18 aprile 1993 da quasi il novanta per cento dei votanti. L’esito si applicava direttamente soltanto al Senato cosicché i deputati pensarono soprattutto a salvarsi la pelle, ovvero il seggio, e ne venne fuori il Mattarellum con la scheda di recupero proporzionale, ma anche con la posssibilità per gli ornitologi di fare le liste civetta per non perdere neanche un voto del cosiddetto scorporo. Brutto trucchetto che nel 2001 costò, a chi aveva ecceduto nella furbata, cioè la Casa delle Libertà, la bellezza di undici seggi. [Leggi di più…]
Considerazioni di un liberale non libertario, laico non laicista sull’aborto
Se quella materia vivente, che somiglia a un mostriciattolo con fattezze umane, giunta al terzo mese dal concepimento, si ribella all’isterosuttore e si sforza con penosa fatica di non esserne risucchiata, non si distingue da una cisti seborroica o da un’appendice da asportare subito per non farla degenerare in peritonite, come credeva la radicale Adele Faccio (e come forse crede Emma Bonino), il problema non si pone. L’aborto è un ascesso dentario che la mutua può benissimo ‘passare’ (forse l’esempio è mal scelto giacché le cure medico-dentarie sono a carico del paziente, ma il discorso è chiaro). Mettiamo, però, che per alcuni le cose non stiano proprio così, ritenendo fin dall’inizio del concepimento ci si trovi dinanzi a una persona: è difficile crederlo, sulla base dei testi di medicina, ma questa è la posizione dei cattolici che si richiamano al principio della sacralità della vita, indisponibile in quanto dono di Dio. Si tratta di due stili di pensiero opposti e affini. Per i laicisti – spesso atei razionalisti – il feto è nulla, per i credenti il feto è già, in quanto persona, titolare di diritti: per i primi, liberarsene è eticamente irrilevante, per i secondi è un reato (e si potrebbe aggiungere: una colpa morale e un peccato). [Leggi di più…]
Appunti dal convegno «Lobby e trasparenza»
Nelle splendida cornice offerta dalla Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani a Roma, tra gli affreschi che esaltano la sapienza di Re Salomone, si è tenuta martedì scorso una partecipata tavola rotonda sul tema delle lobby e della trasparenza nei regimi democratici, organizzata dalla fondazione Nova Spes. Alla discussione – che ha preso spunto dal recente fascicolo della rivista Paradoxa Maledetto lobbying! La società aperta e le sue lobby, curato da Marco Valbruzzi – hanno preso parte sia politici (i senatori Roberto Cociancich, Mauro Del Barba, Luis Alberto Orellana e l’onorevole Pino Pisicchio, oltre alla vice-Presidente della Camera dei Deputati, Marina Sereni) sia esponenti del mondo delle lobby (Antonio Iannamorelli, direttore operativo di Reti, e Claudia Pomposo, socia di CattaneoZanetto & Co.). [Leggi di più…]
“Due idee di sinistra. Lo strappo nel PD”
La rappresentazione che si dà di solito della crisi in corso nel Pd è che si tratti di una pura questione di potere, oppure, all’opposto, che si tratti di una incompatibilità originaria tra le due anime del partito, quella cattolico-democratica e quella post-comunista. Nessuna delle due spiegazioni è convincente. La seconda è palesemente sbagliata: se veramente ci sarà la scissione, da una parte e dall’altra ci saranno sia “comunisti”, sia “democristiani”. Del resto che ci sia stato un rimescolamento tra i due filoni originari è evidente da tempo a chiunque segua minimamente le vicende del Pd. Per quanto riguarda la prima spiegazione, il discorso è
più complesso. Certamente c’è in campo il desiderio, mai nascosto, di rovesciare un segretario sempre sentito come un usurpatore. L’azione di logoramento del leader, la ricerca continua di una distinzione dalle sue politiche, sono iniziate fin dalla sua elezione e sono naturalmente cresciute quando è diventato presidente del consiglio, con acrobazie sui provvedimenti legislativi, anche senza arrivare a votare contro. Ci si chiede quindi come mai questo improvviso salto di qualità, fino ad arrivare alla scissione, tanto più stupefacente da parte di un uomo come Bersani che ha sempre teorizzato “la ditta”. Si può pensare che c’entrino le liste per le prossime elezioni politiche, e certamente questo aspetto c’è. Ma il discorso non può ridursi a questo. Come ha ripetutamente osservato Massimo Cacciari, quella che stiamo vivendo non è solo una crisi del Pd, ma una crisi di sistema. Il risultato del referendum del 4 dicembre, e la successiva bocciatura della legge elettorale pensata per il nuovo assetto costituzionale, hanno comportato un terremoto nel sistema politico, già piuttosto traballante. Siamo di fronte alla fine del pur imperfetto maggioritario che ha caratterizzato la seconda repubblica, e al ritorno al proporzionale. E’ chiaro che questa evoluzione non dipende solo da una scelta (fatta dai partiti o imposta dalla Corte Costituzionale) tra leggi elettorali, ma trova la sua ragione più sostanziale nell’ormai consolidato formato tripolare del sistema dei partiti. E tuttavia sbaglia chi deduce dal tripolarismo la necessità o opportunità di tornare al proporzionale. Al contrario, la presenza di tre forze più o meno equivalenti, o comunque non molto distanti tra loro, rende ancora più necessario adottare un sistema elettorale che preveda un effetto maggioritario tale da rendere possibile un governo. E’ ben noto che nelle condizioni date e con le leggi risultanti dalle sentenze della Consulta non ci sarebbe governo possibile, forse nemmeno con una grande coalizione. La situazione dunque appare, dopo il fallimento del referendum, drammaticamente imballata. [Leggi di più…]
Lobby. Tra ambiguità e trasparenza
Ad appena un mese dall’approvazione del «Registro dei rappresentanti di interessi» alla Camera dei Deputati, la Fondazione Nova Spes invita alcune società di lobbying a farsi promotrici di un dibattito approfondito sulle possibili, future forme di regolamentazione del fenomeno lobbistico e, più in generale, sul rapporto tra lobby e democrazia.
Il congresso che non c’è
C’è un non detto nella controversia tra maggioranza renziana e minoranza scissionista. Tale controversia ha fatto riferimento anzitutto alle date del congresso, con grande sconcerto dell’opinione pubblica, che se intuisce la diversità (anche caratteriale) oramai incolmabile tra le due parti, non riesce a comprendere come ci si possa dividere sul calendario. In realtà, la minoranza ha invocato un «luogo di discussione», rifiutandosi di partecipare a una «gazebata», a «una conta cotta e mangiata» o a un congresso con «rito abbreviato», ma anche qui senza che l’opinione pubblica capisse perché il congresso indetto non dovesse essere quel luogo di discussione tanto invocato. Il fatto è che quel luogo non esiste. Il congresso, tanto invocato da tutti, in realtà non esiste. Lo statuto vigente del PD non lo contempla in alcun modo. In esso si parla solo di congressi a livello di circolo territoriale, dai quali non scaturisce un processo deliberativo dal basso verso l’alto. A livello nazionale non esiste un congresso. [Leggi di più…]