A un anno dalla conclusione del XX Congresso del Partito Comunista, e a sei mesi dall’insediamento della nuova Assemblea Nazionale, quali sono le prevedibili linee di sviluppo della politica cinese?
Xi Jinping appare rafforzato dalle due scadenze, non solo per la conferma nelle cariche di vertice del partito e dello stato, ma anche per essere riuscito a nominare nel Comitato Centrale, nell’Ufficio Politico, nel Comitato Permanente del partito e nelle istituzioni uomini di fiducia, a cominciare dal premier Li Qiang.
Dobbiamo però oggi richiamare alcuni episodi che mostrano incrinature nella governance voluta da Xi. In primo luogo, la mai chiarita sostituzione a luglio del neoministro degli esteri Qin Gang con il Presidente della Commissione Esteri del partito Wang Yi; il mese successivo, la rimozione dei vertici delle Forze missilistiche cinesi, a cominciare dal loro comandante Li Yuchao; a settembre la scomparsa del ministro della difesa Li Shangfu.
Ancora, notizie di stampa sia pure non confermate riportano che nei consueti incontri estivi di Beidahe gli “anziani” del partito, tuttora assai influenti, abbiano espresso preoccupazione per la situazione politica, sociale ed economica del paese, che potrebbe mettere in crisi la stessa autorevolezza e credibilità del partito. La reazione di Xi a queste inattese critiche sarebbe stata assai ferma, ma egli avrebbe poi chiesto a tutti i suoi più stretti collaboratori, a cominciare dal premier Li Qiang responsabile della politica economica, un impegno deciso a superare le difficoltà segnalate.
E difficoltà vi sono. A parte i persistenti effetti di una campagna anti Covid che ha messo in luce ritardi strutturali e risposte insufficienti, spesso contrastate dalla popolazione, è il quadro economico che si presenta difficile: il governo nei giorni scorsi ha previsto una crescita di “circa il 5%”, inferiore rispetto alle previsioni del 5,8% di inizio anno e a quelle a due cifre di anni passati; il renminbi è al suo punto più basso dal 2007 rispetto al dollaro, avendo perso in un anno il 6%; l’indebitamento è passato dal 160% del PIL del 2008 al 360% del 2022; permane una crisi strutturale del settore immobiliare, che contribuisce per circa il 30% al PIL, che ha costretto ad esempio Country Garden, uno dei colossi delle costruzioni, a licenziare in pochi giorni 30.000 dipendenti; la stretta politica ed economica sui settori tecnologici (vedi Alibaba), ha intimorito gli investitori e sta provocando una “fuga di cervelli” verso società più aperte. A queste difficoltà si aggiungono il mancato sviluppo del mercato interno, che avrebbe dovuto compensare il rallentamento di quello estero; l’abnorme indebitamento degli enti locali; il cambiamento demografico, che vede un significativo calo della natalità e pone problemi per lo sviluppo dei prossimi decenni; la disoccupazione giovanile che colpisce il 23% dei cittadini cinesi tra i 16 e i 24 anni, e che ha indotto il governo a sospendere la pubblicazione di dati su di essa. Potremmo continuare con le difficoltà che incontra la realizzazione del visionario progetto della Belt and Road Initiative. Ma ragioni di spazio ci inducono a concentrarci sul quadro estero.
Cominciamo con la decisione di Xi di non partecipare al G20 di Nuova Delhi che ha, piuttosto che diminuito, rafforzato il ruolo dell’India che vede consolidarsi non solo la sua proiezione internazionale ma anche le relazioni economiche e politiche con gli Stati Uniti, presenti al vertice con Biden.
Ancora, la risposta cinese al G7 di maggio in Giappone (il contestuale incontro a Xian con i leader di Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan) è stata vista da alcuni come intromissione in una zona tradizionalmente legata alla Russia, nel momento in cui le repubbliche ex-sovietiche cercano di allentare gli storici rapporti con essa, assente peraltro agli incontri.
Rapporti che, al di là della “amicizia senza limiti” tra Xi e Putin, proclamata a Pechino il 4 febbraio 2022 prima dell’aggressione russa all’Ucraina, vedono la Cina in posizione di difficoltà nel supportare palesemente la guerra. E che pongono oggi domande sul significato dell’incontro del 13 settembre a Vladivostok tra Putin e Kim Jong Un. Iniziativa autonoma dei due “vassalli” cinesi, o il tentativo di evitare un coinvolgimento palese della Cina in una guerra che contraddice uno dei consolidati principi della politica estera del paese asiatico, quello della difesa dell’integrità territoriale delle nazioni?
Vi è poi il tema dei Brics. Al vertice di agosto di Johannesburg, al quale peraltro Putin ha partecipato a distanza e Xi ha fatto leggere il suo discorso dal ministro del commercio Wang Wentao, si è deliberato un allargamento di questa istituzione. Possiamo qui solo rilevare come tale decisione presenti dubbi su un suo positivo sviluppo viste le differenze, e i contrasti spesso profondi, che caratterizzano gli attuali e i futuri componenti dell’alleanza.
Lo spazio ci impedisce di approfondire altri due fattori rilevanti che condizionano oggi la politica estera cinese. In primo luogo, Taiwan: quanto le difficoltà interne e la lezione che può essere tratta dalla guerra in Ucraina possono influenzare, e in che direzione, la pressione sull’isola? Una pressione che, insieme all’aumento della tensione nel Mar Cinese Meridionale, sta provocando un progressivo allontanamento dalle posizioni cinesi di diversi paesi dell’area: dal Vietnam alle Filippine, dall’Indonesia a Papua Nuova Guinea, da Singapore alla Malaysia.
L’altra domanda che vorremmo porci è che conseguenze potrà avere, sul piano interno ed esterno, la politica di decoupling, derisking o friend shoring che i paesi occidentali, in primo luogo gli Stati Uniti, stanno attuando.
Una conclusione? Lo spazio ci impedisce appunto di argomentare a fondo la nostra tesi: e cioè che la politica cinese sarà per qualche tempo quella del wait and see. Troppe sono le incertezze che possono influenzare lo sviluppo delle cose. E conviene che diverse questioni (tra cui quelle esterne come la guerra russa, le prossime elezioni americane, l’andamento dell’economia internazionale) si chiariscano prima che siano prese iniziative che, in un momento di forte inquietudine interna, potrebbero avere inaspettate e pericolose conseguenze.

Lascia un commento