Non sappiamo come evolverà la vicenda giudiziaria dell’ex Presidente della Regione Liguria Giovanni Toti e dell’imprenditore Aldo Spinelli, che hanno entrambi patteggiato una condanna, sulla base di un ragionamento molto semplice: meglio pagare qualcosa subito, che sopportare una inchiesta e una procedura giudiziaria pluriennale, con un esito incerto comunque e con costi legali altissimi in ogni caso. Pare che su questa linea si stiano orientando buona parte degli indagati (lo riporta «Il Secolo XIX» del 3 ottobre), cosicché quella della presunta corruzione in Liguria potrebbe essere il primo caso che non giunge ad alcun svolgimento giudiziario in aula, in quanto gli indagati rinunciano a difendersi e preferiscono alleggerire le loro pendenze in fretta.
Quello che scrivo può però tranquillamente prescindere dal corso giudiziario di quella vicenda e di altre analoghe, per quanto ad esse si richiami. Vorrei invece sottolineare la ingenuità e la poca consapevolezza nei magistrati e nell’opinione pubblica di cosa sia la politica come fatto sociale, come di fronte alla politica nella nostra cultura nazionale prevalga un atteggiamento moralistico e ipocrita.
Il culmine di questa ipocrisia è il c.d. ‘voto di scambio’, che è un concetto fumoso ed ambiguo con un particolare macroscopico difetto: ignora infatti che il voto è uno scambio. La nozione di voto di scambio è un pasticcio concettuale che mette insieme due cose completamente diverse tra loro, vale a dire lo scambio politico e lo scambio clientelare. Nello scambio politico, qualcuno cerca sostegno (dal voto all’azione sociale partecipata, fino all’erogazione di contributi economici) perché è interessato a risultare vincente nella lotta politica, o a mantenersi nella posizione vincente, e lo fa promettendo decisioni future (politiche) o erogando qui ed ora decisioni gradite a coloro che hanno offerto il sostegno. Può essere talvolta difficile distinguere lo scambio politico da quello clientelare, ma il tratto di distinzione minimo è che il primo è differito nel tempo (se e quando quella decisione sarà presa non è detto, né sappiamo) e che è normalmente generalizzato (la platea dei beneficiari è indifferenziata), mentre il secondo avviene qui ed ora (Caio prende subito la decisione che piace a Sempronio) e ovviamente non è generalizzato (ne beneficia solo Sempronio e i suoi accoliti).
Tuttavia, nella cultura politica italiana qualsiasi scambio di sostegno per decisioni è riguardato come qualcosa di immondo, cioè vi è la tendenza a ridurre qualsiasi scambio in politica a un fatto clientelare, e ciò dipende – oltre che dalla confusione concettuale di cui sopra – dal pregiudizio moralistico e bigotto che porta a dire che le decisioni devono corrispondere al ‘bene comune’, inteso come ‘sommo bene’. Il difetto di questo pregiudizio morale – come dovrebbe sospettare chiunque abbia letto Capitalismo, Socialismo, Democrazia di J.A. Schumpeter – è che il bene comune non esiste. Non vi è accordo tra gli esseri umani su cosa consista il bene comune, per la verità non vi può essere accordo perché non esiste una sola ‘decisione universale o fondante’, che una volta presa massimizzi il benessere, l’utilità, la felicità o quant’altro di tutti gli esseri umani di una comunità, meglio ancora di tutto il pianeta. In definitiva, in politica si prendono n decisioni, ciascuna con i suoi costi, i suoi beneficiari e le sue ‘vittime’, cosicché è impossibile ridurre magicamente costi, beneficiari e ‘vittime’ a una funzione crescente di benessere/utilità generalizzata.
I moralisti questo lo ignorano e quando non lo ignorano si riducono a ipocriti. Fingono che ci sia un bene comune, anche se non sanno quale, e pontificano lanciando le loro invettive contro qualsiasi decisione che a loro sembra sospetta o che gli risulti sgradita, cui prodest? Ma certamente a qualcuno! Solo che questo è l’essenza della politica: prendere decisioni che incontrano il favore di qualcuno, cosicché questo qualcuno sostenga il decisore e lo aiuti a mantenere la sua posizione di potere.
Toti ha detto che sullo yatch di Aldo Spinelli ci salivano tutti. Probabilmente vero e certamente perfettamente legittimo. Spinelli ha detto che soldi dava a tutti. Probabilmente vero e certamente legittimo. Il problema della politica non sta nello scambio, che è invece l’energia vitale della politica, ciò senza il quale non esisterebbe la stessa politica, giacché la convivenza sociale è fatta di scambi e quelli politici sono solo una minima parte degli innumerevoli scambi sociali che si svolgono nel tempo. Il problema della politica, ciò che può ridurla a qualcosa di inefficiente (o di ‘corrotto’ se vi piace fare i moralisti), si manifesta quando – in analogia al discorso economico – lo scambio perde i suoi tratti di elasticità, vale a dire quando si fissano indefinitamente i due lati contraenti, molti restano esclusi e benefici e risorse seguono un flusso invariato, facendo ricadere i costi sempre su alcuni, allora – come dicevano i classici greci – si può profondare nell’incubo della stasis, ovverosia della ribellione e del caos.
Dino Cofrancesco dice
Articolo impeccabile! Purtroppo filosofi politici e scienziati politici, almeno quelli che scrivono sui quotidiani, sono sempre più condizionati da un moralismo non sempre in buona fede. Come tutti i moralismi, del resto…