Fiducia, credenza, norme al tempo del Coronavirus
Una vicenda tragicamente paradossale. Là dove non riuscì la crisi economico-finanziaria riuscì l’invisibile. Solo una presenza invisibile, il virus, ha bloccato il sistema mondiale di convivenza introducendo nel meccanismo un granello esiziale. L’invisibile (il virus) e il materiale (il modello sociale).
L’invisibile che distrugge il materiale.
Ma la pandemia sembra aver minato anche l’universo simbolico. Serpeggia la sensazione di una fiducia in qualche modo ‘tradita’. Fiducia nella modernità che prometteva sicurezza, nel sapere scientifico incapace di contenere la pandemia, nella politica inadeguata a governare il dramma.
L’invisibile (la fiducia come risorsa simbolica) e il materiale (i comportamenti).
L’invisibile che svuota il materiale.
Se credere in un uomo senza «prove relative alla dignità della persona» costituisce un «comportamento primario dell’anima» (G. Simmel, Sociologia, 1908), l’oggi è ambivalente. Da un lato la fiducia, piena di sensi di colpa, in ruoli sociali di cui si ‘riscopre’ il valore (medici, virologi, insegnanti), ma sottotraccia la sensazione di un tradimento della fiducia negli ‘altri’. L’opposto di quanto indicato da Simmel.
Un quadro irriducibile al ‘rischio’ (U. Beck, La società del rischio. Verso una seconda modernità, 1986) perché segna un orizzonte di incertezza globale con effetti divergenti: sollecitazione della resilienza e esasperazione del sospetto (il distanziamento). Sino alla paura: la forma più radicale di sfiducia, amplificata dalla comunicazione globalizzata.
Fides rinvia a ‘affidamento’ e ‘credenza’, come gli analoghi inglesi trust e belief: Ci si ‘fida’ perché si ‘crede’ in una persona, un’idea o un sistema di relazioni. Nella temperie della prima guerra mondiale e della pandemia detta ‘Spagnola’, Max Weber rimarcava il ruolo della fiducia (Vertrauen) e della credenza (Glauben) nel costituirsi del vivere associato.
Non sbagliava. Società e diritto riposano sulla ‘fiducia-credenza’ in stili relazionali sottesi a norme e istituzioni. Analogamente Hobbes ammoniva che il brocardo pacta sunt servanda, prima del suo valore pattizio, rinvia all’affidamento tra consociati come condizione del contratto sociale.
L’ambivalenza fiducia-sfiducia si gioca sulle coordinate di passato, presente e futuro.
Il passato. ‘Tradimento’, si diceva, delle promesse moderne, con esiti contraddittori come la singolare eterogenesi dei fini della globalizzazione: da motore della post-modernità a fattore decisivo della diffusività del virus.
Il presente. Fiducia nella conoscenza scientifica: sia nell’immediato (l’expertise a supporto delle policies) sia in prospettiva nell’attesa di una terapia.
Fiducia nella politica e nel diritto, chiamate ad emanciparsi da vecchie manchevolezze ridisegnando la scala di priorità e con l’onere di comprendere l’accaduto (l’eventuale connessione tra politiche e fattori eco-ambientali) e adottare scelte equilibrate. Ciò che non può prescindere dalla reciproca capacità di comprendere il senso del precetto: nessuna sanzione, anche penale, può generare la convinzione (‘fiducia’, ‘credenza’) circa la sensatezza della norma.
Infine il futuro. Qui la fiducia trascolora nella speranza di un nuovo ‘patto normativo’ fondato in origine su orizzonti di fiducia: l’impasse dell’UE non è, ancora, crisi di ‘fiducia’ nell’istituzione europea?
Dovrà maturare un nuovo modello di fiducia. Non mero superamento della diffidenza, come forma difensiva che abiterà l’immediato ‘dopo’ pandemia, bensì fiducia progettuale originando forme concrete di collaborazione ispirate al Prinzip-Verantwortung (H. Jonas, Il principio responsabilità, 1979) come rilettura del Prinzip-Hoffnung (E. Bloch, Il principio speranza, 1954).
Di nuovo l’intuizione di Simmel. Se fides è «rischio» (S. Natoli, Il rischio di fidarsi, 2016), essa non è mera preservazione dell’esistenza ma dimensione identitaria: l’«etica del volto» indicata da E. Lévinas. Una società priva di fides è logicamente contraddittoria: lo attestano i circuiti fiduciari-comunitari (mobilitazione volontaria, senso del dovere di molte figure sociali) riattivatisi nella pandemia.
Emerge l’orizzonte costituzionale di solidarietà e sussidiarietà, radicato nelle «formazioni sociali», la cui condizione di possibilità è la fiducia generativa di doveri (i rapporti etico-sociali evocati nel Titolo II della Costituzione). Il circuito fiducia-credenza (l’invisibile), su cui riposano le figure della libertà e della responsabilità, plasma la concretezza delle relazioni sociali (il materiale). La sequenza fiducia (credenza)-relazione-norme funge così da contrafforte per la tenuta del tessuto socio-normativo, postulando il ripensamento del common sense costituzionalmente radicato e sotteso agli assetti democratico-liberali.
Del resto, il modello repubblicano non nacque anche da un grande atto di fiducia dopo la rovinosa sconfitta? L’invisibile può anche generare il materiale.
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