Difficilmente avremmo scommesso su Giuseppe Conte quando il 29 giugno scorso Beppe Grillo, all’apice della crisi interna del MoVimento sulla questione del nuovo Statuto, scrisse nel suo blog: «Conte, mi dispiace, non potrà risolvere i problemi perché non ha né visione politica, né capacità manageriali. Non ha esperienza di organizzazioni, né capacità di innovazione.» Più chiaro di così: nessuna visione politica, nessuna spinta innovativa, nessuna capacità di gestione organizzativa. Insomma, un non-leader.
Il M5S dal 2009 occupa poltrone ovunque, dai Consigli di Circoscrizione al Parlamento di Strasburgo, dagli uffici dei sindaci, ai ministeri di Palazzo Chigi. Il MoVimento non è più tale, ora è un partito, dunque ha bisogno di leader. Ma che tipo di organizzazione viene fuori dallo Statuto del M5S, approvato il 4 agosto dagli iscritti? E quale sarà il ruolo del Presidente del M5S?
Come un bravo equilibrista, già il Conte Presidente del Consiglio era riuscito a far passare per successi quelli che erano autentici smacchi per l’Italia. Quando era montata la polemica contro il trattato di Dublino, Conte chiede all’UE un ripensamento radicale e una ridistribuzione effettiva dei migranti che arrivano in Italia, ma ottiene l’impegno della Commissione a ‘forme flessibili di sostegno su base volontaria’, dunque niente.
Analogamente, quando i ‘paesi frugali’ vogliono tagliare i 750 miliardi del Recovery Fund, Conte si oppone con fermezza. Risultato? Ancora una volta, niente. Il Recovery Fund subisce un taglio e i ‘paesi frugali’ ottengono dalla Commissione garanzie sul controllo delle spese. E meno male, ci sarebbe da dire.
La vicenda dello Statuto e l’elezione di Conte alla Presidenza del M5S (5-6 agosto 2021) sembrano comicamente simili e già ci sono gli attivisti, guidati da Lorenzo Borrè, che contestano la sua elezione e denunciano l’abbandono dei principi fondanti del MoVimento. Con il richiamo alle ‘esperienze’ del blog di Beppe Grillo e dei meetup (art. 2) e l’istituzione dei Gruppi territoriali (art. 6) e del Forum (art. 8), il M5S prova a mantenere la sua vocazione delle origini, come partito-movimento aperto alla base e al suo coinvolgimento diretto. Il Presidente, eletto dalla rete per quattro anni e per non più di due mandati consecutivi (art. 11), però si trova invischiato in una trama organizzativa fitta, preso tra Assemblea, Garante, Consiglio Nazionale e Comitato di Garanzia (art. 9).
L’istituzione più singolare è la ‘proposta di sfiducia’ del Presidente, che può essere avanzata dal Comitato di Garanzia e/o dal Garante (art. 11) e che può solo essere respinta dall’Assemblea (art. 10). Si noti (art. 17) che i tre componenti del Comitato di Garanzia sono eletti dalla base entro una sestina di nomi indicati dal Garante.
Singolare la ‘circolarità’ delle norme statutarie, che chissà quali futuri conflitti potrebbe generare. Infatti, se il Comitato di Garanzia viene eletto su indicazione del Garante, lo stesso Comitato di Garanzia può a sua volta revocare ‘in ogni tempo’ il Garante con deliberazione unanime. Ne viene fuori una sorta di Uroboro statutario dai risvolti imprevedibili, il tutto ovviamente sanzionato in ultimo dalla immancabile «consultazione in Rete» (art. 12 commi b e c). Alla classica domanda ‘chi custodisce il Custode?’ lo Statuto del M5S trova una geniale risposta: elementare Watson, saranno i Garanti nominati dal Garante a farsi da ‘garanti’ del Garante!
Il Garante e lo stesso Comitato di Garanzia hanno poteri amplissimi di controllo sul Presidente, fino appunto a richiederne la sfiducia. A limitare ancora l’autonomia del Presidente c’è infine il Consiglio Nazionale (art. 13, vi fanno parte tra gli altri i capogruppo parlamentari, i Coordinatori di Comitati, i delegati territoriali), che si esprime sulla linea politica del MoVimento e deve sancire qualsiasi accordo di coalizione di governo avanzata dal Presidente.
Si capisce bene perché Beppe Grillo ha alla fine concesso il suo nulla osta ad uno Statuto che non sposta di una virgola la situazione di potere dentro il M5S, il cui controllo è saldamente nelle mani del Garante (Beppe Grillo) e della sua capacità demiurgica di guidare l’Assemblea. Il Garante resta una specie di Guida Spirituale del M5S, senza il suo consenso si può fare poco. Il Garante «è il custode dei Valori fondamentali dell’azione politica del MoVimento 5 Stelle» e «ha il potere di interpretazione autentica, non sindacabile, delle norme dello Statuto» (art.12). Ingenuamente, o convenientemente, Conte si è adagiato nel centro di una ragnatela o ‘rete vischiosa’, tessuta dal ragno-Beppe Grillo per impedirgli di muoversi o di fare autonomamente alcunché.
Non che il nostro abbia mai mostrato qualche ardire. Prendiamo, ad esempio, la recente crisi afgana, Conte – l’avvocato dei Talebani – immediatamente apre al dialogo, ma poi ci tiene subito a precisare che intende solo assicurare protezione a chi è rimasto lì. Conte – lo sappiamo – ama cullarsi comodamente e con successo approfittando delle circostanze e resta da vedere quale effettività potrà avere la sua guida del M5S. In politica infatti non basta convenientemente seguire la situazione, bisogna dare risposte ai problemi e farlo con autonomia di giudizio e in prima persona. Come nella satira filmica interpretata da Peter Sellers, Conte s’impone solo per il Being There, è il campione del ‘sopravvivere senza governare’ (e Grillo deve proprio averlo capito), un maestro del girare attorno ai problemi per evitarli, stile che tanto piace agli italiani, ma forse è questo proprio il segreto del suo successo.
GABRIELE PASTRELLO dice
1) TUTTO PERFETTO TRANNE CHE SUL RECOVERY; TI SEI SBAGLIATO. MA NE PARLIAMO.
2) AGLI ITALIANI COMINCIA A PIACRE UN ALTRO STILE, TEMO, PER LUI, CHE IL SUO STIA PER ESSERE SORPASSATO.
Giuseppe Ieraci dice
Grazie Gabriele, sul recovery, non intendevo certo dire che non si tratti di una opportunità e ben sfruttata (ma vedremo) dai nostri governi. A presto.