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L’UE dopo le elezioni

24 Giugno 2024 di Roberto Castaldi Lascia un commento

Le elezioni europee hanno conseguenze europee e nazionali, con logiche diverse: europeisti vs nazionalisti le prime, destra vs sinistra le seconde.

Si conferma la maggioranza europeista, composta da Popolari, Socialisti e democratici, e liberali di Renew Europe, ridotta da 414 a 399 seggi. Ma i Verdi sono disposti a entrare in maggioranza, con 51 seggi. Le destre crescono, ma meno del previsto. La difficoltà per le destre a fare alleanze dipende dal loro nazionalismo. È più facile un compromesso sulle politiche tra destra e sinistra che riconoscono che i problemi vanno affrontati a livello europeo, che con chi vorrebbe farlo a livello nazionale.

Dopo la Brexit e la pandemia (quando l’UE ha acquistato vaccini impedendo la competizione tra gli Stati membri, che avrebbe portato gli Stati più ricchi ad averli prima e tutti a pagarli molto di più; permesso agli Stati di indebitarsi sospendendo il Patto di Stabilità e acquistandolo con la BCE; e fatto debito comune per finanziare SURE e il Next Generation EU), nessuno propone di uscire dall’UE o dall’Euro, come nel 2019. Alcuni vogliono svuotare l’UE dall’interno. Altri, se al governo, diventano ‘pragmatici’.

Forse è iniziata l’europeizzazione delle destre nazionaliste. Nel 2024 l’estrema destra (e sinistra) può comprendere che nel mondo attuale contano solo gli Stati di dimensione continentale – come USA, Cina, Russia, India – e che i trend economici e demografici implicano che gli europei possano difendere i loro interessi e valori solo uniti. L’alternativa è essere vassalli di una delle potenze mondiali, che praticheranno su di noi il divide et impera. Lo capivano già il PCI e il MSI di Almirante, che al Parlamento Europeo votarono il Progetto Spinelli nel 1984!

Si va verso la fine del cordone sanitario. Per conservare la maggioranza, PPE e Renew non possono cacciare i partiti che fanno accordi nazionali di governo con ECR e ID: sono troppi! Italiani, belgi, olandesi, svedesi, austriaci, ecc. Finché saranno nel PPE e in Renew, tali partiti avranno una posizione europeista e modereranno il nazionalismo dei loro alleati. Cacciarli sarebbe controproducente.

A livello nazionale hanno perso i governi di Francia e Germania, indebolendo un’asse già in panne. Non avremo iniziative riformatrici dai governi. Alcuni temono che una vittoria di Le Pen nelle elezioni anticipate azzoppi la legislatura europea. Ma se un governo Bardella andasse allo scontro con l’UE perderebbe. Ricordate il Conte 1? La Francia è più forte dell’Italia, ma l’UE e i mercati sono più forti della Francia.

Dare risposta alle crisi geopolitiche e alle sfide della difesa, dell’energia e della fiscalità è il compito della legislatura europea. I costi della non-Europa o della sovranità nazionale sono enormi. I 27 paesi europei insieme hanno la terza spesa militare mondiale (l’1,6% del PIL; il bilancio dell’UE è l’1%!), il 35% degli USA con una capacità del 10% (cioè, oltre 2/3 della nostra spesa è inutile), perché abbiamo 27 difese nazionali e non una integrata. Paghiamo l’energia il doppio di USA e Cina, rischiando la deindustrializzazione. Con una rete energetica europea interconnessa il prezzo scenderebbe del 32% secondo l’University College di Dublino. Se comprassimo l’energia insieme, come con i vaccini, smettendo di farci concorrenza tra noi, pagheremmo quanto i nostri concorrenti. Un Rapporto della Commissione sull’Unione Fiscale calcola in 292 miliardi di euro il gettito annuo perso a causa della mancata armonizzazione fiscale.

Se per finanziare la transizione ecologica, digitale e la difesa servono 600 miliardi di investimenti in più all’anno, l’armonizzazione fiscale ne garantirebbe circa la metà. L’Unione dell’energia e della difesa produrrebbe risparmi tali da finanziare molto del resto. E con il debito comune e il mercato unico dei capitali… Ma serve un accordo globale, anche sulla governance, possibile solo con una riforma dei Trattati.

A novembre il Parlamento europeo ha approvato una proposta di riforma, e i partiti europeisti hanno nel programma elettorale tale riforma. Finora il Consiglio Europeo, che deve decidere a maggioranza semplice la convocazione di una Convenzione, non ha discusso il tema. Se i partiti europei la inserissero nell’accordo di coalizione e vincolassero il loro voto al/la Presidente della Commissione che verrà proposto/a dal Consiglio Europeo alla convocazione della Convenzione, difficilmente il tema potrà essere eluso. Oppure, il Parlamento potrebbe denunciare il Consiglio Europeo per violazione dell’art. 48 TEU e del principio di leale collaborazione tra le istituzioni UE.

Lo Stato nazionale europeo è troppo piccolo per garantire sicurezza e benessere. Ha affidato la prima agli USA e la seconda all’integrazione economica. La sfida egemonica mondiale tra USA e Cina comporta lo spostamento strutturale del focus strategico american sul Pacifico. La sicurezza dell’Europa non sarà più una loro priorità. E l’integrazione è monca. È ora di completare l’unità europea.

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