Quello di ‘reato universale’ è un concetto che è emerso nel dibattito politico recente, ed il cui significato non è, in realtà, chiarissimo, dal punto di vista giuridico. Da una parte, esso richiama la categoria dei crimini internazionali, la cui punizione dovrebbe essere ‘universale’ nel senso che tutti gli Stati sarebbero chiamati a perseguirli: genocidi, crimini di guerra, etc. (peraltro, qui, ‘universale’, più che il reato, è la giurisdizione). Dall’altra, in realtà, esso sembra semplicemente esprimere, diversamente, la ‘pretesa’ dello Stato di estendere l’area dell’applicazione delle proprie leggi penali anche al di fuori del proprio territorio. Un esempio lo avevamo già visto con il decreto Cutro del 2023, che ha introdotto la punibilità della fattispecie di «morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina» anche qualora la morte o le lesioni si siano verificate al di fuori del territorio italiano, dove la condotta sia comunque diretta a procurare l’ingresso illegale in Italia. Oggi tocca, invece, alla surrogazione di maternità. Ed allora diventa difficile non chiedersi: ma perché farne un reato ‘universale’? E cosa significa?
Andiamo per ordine. Sicuramente, possiamo escludere che si tratti di qualcosa come di un crimine ‘internazionale’, se solo si consideri che la maternità surrogata è permessa e considerata pertanto lecita in molti Paesi, e dunque non sia affatto intesa ‘universalmente’ o dalla comunità degli Stati un ‘crimine’. Ma escludiamo anche che ‘universale’ abbia il significato di esprimere la valutazione politica del legislatore, che lo considererebbe un tipo di reato particolarmente ‘grave’, e dunque da punire severamente: ma – salva la multa più che cospicua – la reclusione da tre mesi a due anni non sembra certo riflettere la considerazione della maternità surrogata come un crimine del genere (tanto più che, immaginando che siano perlopiù incensurate le coppie che sceglieranno di ricorrere alla surrogata, con la condizionale nessuno si farà mai un solo giorno di carcere).
In realtà, il legislatore italiano, in questo caso, chiama ‘universale’ il reato che ha introdotto in quanto si pretende di punirlo anche laddove commesso da un cittadino italiano all’estero, in territorio straniero. Il lettore non si deve, pertanto, confondere: proclamare ‘universale’ la gestazione per altri non significa renderla universalmente vietata (come se l’Italia potesse decidere che cosa debbano legiferare gli altri Paesi), ma, diversamente, vuol dire soltanto che lo Stato italiano pretende di punire i propri cittadini – e dunque non gli stranieri – anche nel caso in cui abbiamo realizzato la gestazione andando all’estero, in un Paese in cui presumibilmente è legale.
Ci sarebbero tutta una serie di aspetti controversi, su cui i giuristi stanno dibattendo, a partire dal problema della cosiddetta ‘doppia incriminazione’, ossia il principio per cui un fatto, per essere punito in Italia come reato, deve essere previsto come tale anche da parte dello Stato in cui esso è stato commesso. Evitiamo però di entrare su questioni che richiederebbero un discorso lungo ed eccessivamente ‘tecnico’. Limitiamoci ad un’altra questione.
Ammettiamo pure che sia corretto punire come reato la maternità surrogata, ma chiediamoci: la soluzione è davvero quella di sbattere i genitori in galera e affidare il bambino ai servizi sociali? Perché rovinare la vita anche di un bambino? Che cosa ha fatto? La mia impressione è che ancora una volta, il legislatore si sia servito degli strumenti del diritto penale non con la prospettiva di dare una risposta giusta ed efficace ad un problema concreto, ma unicamente per cementare uno slogan ideologico che sta un po’ cadendo a pezzi. Perché su «Dio, patria e famiglia» non è più tanto facile costruire il consenso politico: di Dio non parlano ormai neppure i preti, della patria neppure i patrioti. Resta la famiglia, ed allora bisogna puntare tutto su di essa. Senonché, per aiutare realmente le famiglie, i soldi mancano: niente agevolazioni per chi ha figli, minimi incentivi per farli. Punire la maternità surrogata, invece, presenta una serie di vantaggi: manda un messaggio ideologico forte – solo chi ha partorito è madre –, farà sì un po’ di danni, ma ad un numero statisticamente limitato di coppia, e, soprattutto, è a costo zero. E punire ‘universalmente’ dà ancora di più l’idea del governo forte, di una leader ‘tosta’.
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