È possibile difendere gli animali con un’etica nuova? Quali sono gli strumenti intellettuali a nostra disposizione per operare un cambiamento significativo? In che modo il diritto e la teoria politica possono esserci d’aiuto? La questione della nostra responsabilità nei confronti del mondo animale è al centro di Giustizia per gli animali. La nostra responsabilità collettiva (ed. Il Mulino 2023), l’ultimo libro di Martha Nussbaum, docente di fama internazionale di etica e diritto e tra le più autorevoli studiose del tema della giustizia e delle sue nuove frontiere. Oggi sappiamo molto più del regno animale rispetto a 50 anni fa grazie a scienze come l’etologia cognitiva e la neurofisiologia comparata, che hanno mostrato la capacità degli animali non solo di sentire il piacere e il dolore ma anche di provare sentimenti ed emozioni complesse simili alle nostre. In questo quadro risulta particolarmente significativo il riconoscimento da parte di Roger Scruton, un filosofo notoriamente assai critico nei confronti dell’animalismo, del profondo mutamento della nostra etica sociale: « Nel passato gli animali erano considerati cose, poste sulla terra per il nostro uso e il nostro piacere, da trattare a nostro comodo. Non è più così. Oggi tutti gli esseri pensanti sono consapevoli dell’abisso che separa gli esseri senzienti dai non senzienti e quasi tutti riconoscono che non abbiamo alcun diritto, per dispensa divina, di ignorare la sofferenza solo perché la vittima appartiene ad un’altra specie».
Questo dovrebbe indurci a evadere dalle scappatoie etiche usate nel passato: non possiamo più tracciare la consueta linea di demarcazione tra la nostra specie e le altre né continuare a discriminare tra gruppi di animali che riconosciamo come simili a noi per ragioni genetiche – le scimmie antropomorfe – o che ci sono particolarmente vicini per ragioni sentimentali – gli animali domestici – e altri che consideriamo privi di intelligenza. Nel mondo reale l’intelligenza assume forme molteplici e affascinanti. Gli uccelli, che si sono evoluti seguendo un percorso diverso da quello degli esseri umani, hanno sviluppato capacità affini alle nostre; un invertebrato come il polpo rivela sorprendenti capacità di percezione e di soluzione di problemi complessi. Se molte e assai suggestive sono le storie di vita degli animali che arricchiscono il volume, ricchissimi sono i riferimenti ai più importanti studi scientifici relativi alle diverse specie, rendendolo un punto di riferimento fondamentale per avviare il progetto di una società in cui le esigenze, gli interessi e la dignità degli animali siano riconosciuti e presi in considerazione dalla legge. Meraviglia, compassione, sdegno: tali emozioni morali potrebbero guidarci facendoci aprire gli occhi dell’anima e condurci alla scoperta di un mondo di soggetti non previsti dall’etica e dal diritto vigenti. La Nussbaum, che valorizza l’importanza dell’immaginazione nella trama complessa della nostra visione morale, sottolinea come il dovere di rispettare i non umani si accompagni anche alla capacità di identificazione immaginativa con loro.
La meraviglia ci colpisce nel profondo, cattura la nostra attenzione nella scoperta del valore di ciò che vediamo e ascoltiamo; la compassione ci porta al di fuori di noi stessi, ci avverte della sofferenza altrui e del suo significato; l’indignazione motiva la reazione di fronte a ciò che non dovrebbe succedere inducendoci a compiere azioni di riparazione del torto. Cosa ricavarne? Dovremmo maturare la consapevolezza di vivere tutti, umani e non umani, su un pianeta fragile da cui dipendiamo per tutto ciò che conta. Non abbiamo scelto di essere qui: ci siamo trovati qui. Perché allora pensiamo di avere in esclusiva il diritto di usare il pianeta negandolo agli animali? Anche loro si sono trovati qui e devono cercare di vivere come meglio possono. A che titolo dunque neghiamo loro il diritto di utilizzare il pianeta per vivere, mentre lo rivendichiamo per noi stessi? A suo avviso, ogni motivazione a sostegno della nostra pretesa di usare il pianeta per sopravvivere e fiorire dovrebbe implicare lo stesso diritto agli animali.
Quella di Nussbaum, che esamina approfonditamente le principali teorie della filosofia animalista e ne riscostruisce il dibattito, è una vera e propria sfida all’etica e al diritto vigenti: stiamo danneggiando l’esistenza di forme di vita intelligenti, senzienti, complesse; non possiamo perseverare nei vecchi schemi trattando gli animali alla stregua di oggetti e negando loro la possibilità di realizzare le capacità proprie della specie cui appartengono di avere una vita fiorente piegandoli sistematicamente ai nostri disegni e ostacolando i loro sforzi. È quanto chiede l’approccio delle capacità nella sua estensione ai non umani. La sua tesi di fondo è che la vita di tutti gli esseri senzienti abbia un valore e una dignità intrinseca che nulla può eliminare, a condizione che abbiano una serie di opportunità reali di ‘fioritura’ in relazione alle loro principali capacità. Da molto tempo grava su di noi un debito etico che oggi è in continuo aumento e viene da motivazioni nuove. Se antica è la crudeltà umana nei confronti degli animali dobbiamo constatare che negli ultimi due secoli la nostra dominazione è aumentata in maniera esponenziale a partire dall’industria della carne che alleva gli animali in condizioni orribili come macchine produttrici di cibo, come se fossero già e soltanto carne. Di questo ben si avvede Jacques Derrida allorché sottolinea che è ormai entrata direttamente in gioco, nella nostra riflessione etica, la nozione di vulnerabilità. «Che conto tenerne?» – si chiede – «Che diritto accordarle? In che cosa ci riguarda? Qui viene a situarsi, come il modo più radicale di pensare, la finitezza che noi condividiamo con gli animali, la mortalità che appartiene alla finitezza stessa della vita, all’esperienza della compassione, la possibilità di condividere l’angoscia di questa stessa vulnerabilità». Nessuno può negare la sofferenza, la paura, il terrore subiti dagli animali: l’esperienza che ne abbiamo è indubitabile, anche se troppo spesso viene disconosciuta e tenuta a bada da meccanismi ben collaudati di razionalizzazione. L’entità del nostro coinvolgimento, sia pure come consumatori, in pratiche che nuocciono agli animali dovrebbe indurre ogni persona dotata di coscienza a valutare che cosa noi tutti possiamo fare per cambiare questa situazione. Se l’umanità nel suo insieme ha il dovere collettivo di affrontare e risolvere questi problemi, in particolare il diritto e la teoria politica, due dei migliori strumenti di progresso dell’umanità, sono chiamati in causa.
Ma le leggi vengono create dagli umani sulla base delle teorie vigenti. Quando le teorie erano razziste, le leggi erano razziste; quando le teorie sessiste escludevano le donne anche le leggi vi si conformavano. Non si può certo negare che la gran parte del pensiero politico in tutto il mondo sia stata incentrata sull’umanità escludendo gli animali. Persino le teorie che si prefiggono di offrire un aiuto nella lotta contro gli abusi sono, a parere della filosofa statunitense, intrinsecamente difettose e costruite su un’immagine inadeguata delle vite e degli sforzi degli animali.
«Noi esseri umani» – scrive la Nussbaum – «possiamo e dobbiamo fare di meglio. La legge può e deve fare di meglio. Credo sia giunta l’ora di un grande risveglio collettivo: l’ora di acquisire la consapevolezza che ci lega a un mondo di creature intelligenti e straordinarie e di assumerci responsabilità reali per il trattamento che riserviamo loro».
Se l’etica universalistica fin qui delineata sembra assumere talora il carattere della generosa speranza di una visione utopica, essa intende comunque richiamarci all’esigenza di definire un preciso e coerente orizzonte normativo alla luce del quale elaborare un severo codice di doveri nei confronti degli animali e definirne i fondamentali diritti strettamente legati alle capacità di cui sono portatori. Oggi a tale esigenza, dinanzi alle dimensioni senza precedenti dello sfruttamento e della crudeltà organizzata, sembra sempre più difficile sottrarsi, non fosse che per l’immagine sempre meno tollerabile che l’attuale trattamento degli animali rinvia all’uomo di sé stesso. Segnali premonitori che la violenza industriale, scientifica, tecnica esercitata sugli animali non potrà non avere ripercussioni, consce o inconsce, sulla nostra stessa idea di umanità?
Se l’uomo è stato collocato dalle teorie evoluzionistiche nella continuità del vivente, è la stessa specificità umana a essere interrogata. In tal senso la questione animale può diventare, come sostiene la Nussbaum, una parte importante di questo percorso che richiede una comprensione rinnovata dell’etica, della politica e del diritto in vista dell’elaborazione di una teoria davvero interspecifica della giustizia.
raffaella gherardi dice
Certamente bisognerebbe davvero interrogarsi in profondità in proposito. E fa impressione che in Occidente già fra Sette e Ottocento si cominci a porre in discussione la tradizionale separazione tra umani e non umani e nel corso del XIX secolo si affermino le prime mobilitaizoni per la tutela degli animali e ancora ora… siamo ancora assai lontani…. Quando poi ho letto nel libro di Giulia Guazzloca (Umani e animali .Breve storia di una relazione complicata, Il Mulino 2021) che Hitler era un vegetariano… il problema si complica ulteriormente…
Alessandro Cavalli dice
di fronte alla violazione dei diritti umani si potrebbe pensare che è prematuro pensare ai diritti degli animali, invece se si incominciano a rispettare gli animali si può pensare di rispettare di più anche i diritti umani (vedi cosa succede a Gaza).
Luisella Battaglia dice
Certo, il problema è complicato ma proprio per questo occorrerebbe evitare le semplificazioni, ricorrendo ,ad es., all’abusatissimo argomento del vegetarianesimo di Hitler. Che cosa s’intende provare usando tale argomento? Che i vegetariani sono tendenzialmente nazisti…quindi anche Gandhi? Durante il nazismo furono approvate delle leggi contro la sperimentazione sugli animali. Cosa dovremmo concluderne: che il problema etico della sperimentazione sugli animali non dovrebbe essere posto per non correre il rischio di essere etichettati come nazisti?
Luisella Battaglia dice
In effetti, storicamente le due lotte per i diritti si intersecano. Basti pensare che la prima rivendicazione dei diritti animali, ad opera del filosofo Thomas Taylor, ‘Vindication of Rights of Brutes’ (1792) era una satira volta a ridicolizzare i diritti delle donne e, in particolare, la ‘Vindication of Rights of Women’ (1791) di Mary Wollstonecraft. Se le donne pretendono di avere diritti–questo l’argomento–dove andremo a finire? Il passo successivo e inevitabile sarà quello di assegnare diritti agli animali.. D’altronde, donne e animali non fanno forse parte della stessa categoria: la natura? Esattamente un secolo dopo comparirà la vera e propria rivendicazione dei diritti degli animali, ‘Animal Rights. Considered in Relation to Social Progress’ (1892) ad opera di Henry Salt, vegetariano, amico di Gandhi e fondatore della ‘Humanitarian Society’ impegnata nella lotta per i diritti delle donne, degli schiavi, dei bambini impiegati nelle fabbriche e…degli animali. L’obiettivo di Salt era quello di estendere la cittadinanza a tutti gli ultimi. Tale rivendicazione verrà ripresa, nel 900, da Peter Singer in ‘Animal Liberation’ (1975), che instaurerà un legame tra le diverse lotte di liberazione, contro ogni discriminazione arbitraria dal razzismo al sessismo fino allo specismo. Come si vede, le lotte per i diritti non hanno fine…