L’escalation della guerra in Ucraina non è di oggi. Anzi, è la cifra di questa guerra: linee rosse che il nemico non doveva superare sono state poste varie volte e comunemente violate. Come possiamo leggere l’ultima violazione, quella del 21 novembre? «Ci state spingendo alla guerra mondiale» ha detto Putin rivolto a tutto l’Occidente quando ha lanciato un missile balistico a medio raggio in risposta all’ultima escalation ucraina: l’uso di missili americani e britannici verso il territorio russo. «Stiamo sviluppando missili a raggio medio e corto come risposta ai piani statunitensi di produrre e schierare missili a raggio medio e corto in Europa e nella regione Asia-Pacifico» ha detto ancora Putin segnalando che il conflitto regionale sta diventando un conflitto mondiale. Il suo interlocutore esplicito è l’Occidente, non c’è dubbio. Anche nel sistema delle interazioni internazionali, però, se fai una cosa non fai una cosa, ne fai più d’una.
Quel missile a media gittata non portava testate nucleari, ma può farlo. Intimorisce, quindi, gli europei, se già non lo fossero. Turba anche l’establishment americano. Che l’autorizzazione all’uso di missili occidentali verso il territorio russo sia stata data dall’amministrazione uscente è secondario. L’interlocutore di Putin è l’amministrazione entrante. Cosa ha in animo di fare Trump? Sposare il timore e l’ansia degli europei o portare avanti il piano di «produrre e schierare missili a raggio medio e corto in Europa e nella regione Asia-Pacifico», come ha detto Putin? In questo caso, lanciando il missile a medio raggio il 21 novembre, Putin ha fatto un’altra cosa ancora. Ha avvisato la Cina, se mai ce ne fosse bisogno, e il resto del mondo, Europa compresa.
L’avvertimento di Putin al resto del mondo suona così. Se pensavate che il declino dell’Occidente e dell’ordine mondiale chiamato liberale fosse l’occasione per cambiare le cose con gradualità, cioè con mosse ispirate da una strategia duale, vi state sbagliando. Se pensavate che crescere nell’economia capitalista con nuove istituzioni finanziarie in competizione con Fondo Monetario e Banca Mondiale e con accordi di commercio fuori dal quadro della politica commerciale dell’OMC per cambiare l’ordine mondiale, questo non basta. Gli Stati Uniti l’hanno capito, hanno risposto per le rime e non si fermeranno dal ricorrere anche al tradizionale potere coercitivo.
Siamo, come è ormai risaputo e accettato, nella transizione dall’ordine mondiale costruito dagli occidentali all fine della seconda guerra mondiale a un ordine mondiale desiderato da molti e non pianificato da alcuno. Gli occidentali continuano a decantare l’ordine liberale basato sul diritto e non elaborano alcun piano e nemmeno una narrativa strategica che tengano conto dell’evidenza di un mondo nel quale la globalizzazione economica ha creato reti di supply chains che erodono produzione e vendita di beni a livello nazionale e anche a livello regionale. Difendono, è vero ed è anche giusto, le istituzioni multilaterali perché danno beni pubblici essenziali a tutto il mondo, ma trascurano di affrontare la questione di come queste istituzioni prendono le decisioni e soprattutto di quanto le politiche di queste istituzioni siano sostenibili dai paesi ‘deboli’. Il riferimento scontato è alle politiche di risanamento finanziario dei paesi in deficit di bilancio da parte di FMI e Banca mondiale, ma non è il solo che si possa fare.
Il multilateralismo, d’altra parte, è centrale anche nella narrativa strategica sul nuovo ordine mondiale diffusa dai governi che vogliono rappresentare il resto del mondo: dalla Cina al Brasile, dall’India al Sudafrica. Nella narrativa di questi stati ed anche degli stati occidentali sul futuro ordine del mondo, però, non si affronta la questione di quale sia il decision-making legittimo delle istituzioni multilaterali. Per intenderci, la Cina e anche uno degli attuali membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle NU sono disposti a mettere in discussione le regole del decision-making del Consiglio di sicurezza? La questione, presente in forme diverse anche nelle istituzioni finanziarie e commerciali mondiali, è seria e difficile. Non è detto, putroppo, che questa così come altre questioni cruciali si possano risolvere al tavolo negoziale anche se bisognerebbe farlo.
Dino Cofrancesco dice
confesso di averci capito poco..la vecchiaia purtroppo!