Vittorio Possenti, nel suo intervento L’insegnamento sociale della chiesa fonte di ispirazione per molte dottrine politiche?, ci richiama, in sostanza, all’adagio antico extra Ecclesiam nulla salus. Non sono un neo-illuminista né un ateo razionalista, non amo i laicisti né, tanto meno, quelli che un tempo venivano definiti i mangiapreti. Inoltre ho avuto una formazione laica ed empirista—i miei maestri erano Guido Calogero, Norberto Bobbio, Nicola Abbagnano, e in genere l’ala liberale della cultura azionista—che solo in età matura mi ha fatto scoprire che, nel nostro paese, c’è una filosofia cattolica che non ha nulla da invidiare a quella laica e i cui esponenti, Augusto Del Noce, Sergio Cotta, Vittorio Mathieu, Pietro Prini etc. avevano scritto—e continuano a scrivere, è il caso di Sergio Belardinelli, di Francesco D’Agostino e di qualche altro saggista– pagine sul nostro tempo, sulla cultura europea, sulla storia d’Italia, sull’etica politica, sulla civiltà del diritto spesso persino più profonde e meditate di quelle, assai più note, delle mie vecchie guide laiche. Fatta questa premessa e chiarito che non ho nulla contro il mondo cattolico e tanto meno contro intellettuali rispettabili e impegnati nella ricristianizzazione della società contemporanea, come Vittorio Possenti, debbo rilevare, ahimè, che al vaglio della mia ‘ragione scettica’(in senso humeano), risultano di colore oscuro le sue parole: <“Finalità immediata della dottrina sociale | della Chiesa | è quella di proporre i principi e i valori che possono sorreggere una società degna dell’uomo” (Centesima Annus, n. 10). Conosciamo questi principi: la persona, il bene comune, la destinazione universale dei beni, i limiti del mercatismo liberista, la sussidiarietà, la partecipazione, la solidarietà, la custodia del creato e della vita. |…| La categoria ‘persona’ è e rimane un’idea fondamentale nella controversia sull’humanum in corso ovunque>.
Una <società degna dell’uomo> è negli auspici di ogni dottrina politica: il problema nasce quando si deve specificare in cosa consista la ‘dignità’. Possenti è non dubita che siano auto evidenti principi come <la persona, il bene comune, la destinazione universale dei beni, i limiti del mercatismo liberista, la sussididarietà, la partecipazione, la solidarietà, la custodia del creato e della vita>. Lo sono per tutti finché non vengono precisati. I conflitti nascono, ripeto, quando si cerca di ‘specificare’. Ad es., cos’è il bene comune e quali valori forti stanno a suo fondamento? Sappiamo tutti che l’eguaglianza e la libertà sono la quintessenza della <saggezza dell’Occidente> ma sappiamo pure che ci sono casi in cui libertà ed eguaglianza intrattengono un rapporto ‘a somma zero’ e, pertanto, bisogna scegliere se dare la priorità all’una o all’altra. Personalmente dinanzi a questi ‘dilemmi tragici’ non avrei dubbi: è l’eguaglianza che deve fare un passo indietro giacché, nella mia prospettiva liberale, essa è un valore strumentale, apprezzabile solo nella misura in cui promuove la libertà (valore finale) di una fascia sempre più ampia di individui.
Possenti, affascinato da Papa Bergoglio, vorrebbe che <i limiti del mercatismo liberista> fossero al centro di ogni riflessione sul nostro tempo. Ma quali sono, ci si chiede, i rimedi al ‘liberismo mercatista’? Inoltre, Possenti ha mai riflettuto sul fatto che anche il mercato ha un’etica—come potrebbero insegnargli filosofi cattolici come Michael Novak—e che la sovranità del consumatore, per un liberale, è un principio irrinunciabile di democrazia giacché significa, ad es., che un giornale, una casa editrice, una casa cinematografica vivono se le loro ‘merci’ vengono scelte e che lo stato pedagogo che le fornisce senza tener conto dei costi e di ricavi (tanto paga sempre Pantalone!) genera corruzione, parassitismo, clientelismo?
Per proseguire il discorso, ben venga la ‘sussidiarietà’ ma perché dovremmo ritenere apprezzare un esempio le ‘autonomie’ quali si sono realizzate in Italia, sia con l’attuazione delle Regioni—nel rispetto di una norma costituzionale che i vecchi democristiani avevano saggiamente accantonato, finché, rimasti privi di maggioranza parlamentare, non dovettero imbarcare nel governo i socialisti—sia con l’autonomia universitaria (che, in nome della lotta al centralismo, ha distrutto questa veneranda istituzione ottocentesca)? E poi anche il ‘centralismo’, in fondo, si richiamava a valori forti: non a caso venne attuato dalla migliore classe dirigente dell’Italia unita, la Destra storica: dobbiamo dimenticarcelo?
<La partecipazione, la solidarietà, la custodia del creato e della vita>:¨quante parole che il filosofo Eugène Dupréel, maestro di Chaim Perelman, avrebbe definito ‘nozioni confuse’! La ‘partecipazione’! Quanta? Di chi? In vista di quale progetto? Con quali ‘competenze’? Non penso che Possenti abbia in mente la ingraiana ‘rilevanza costituzionale della piazza’ ma non penso neppure che apprezzi o quanto meno legittimi (come legittimo io, da liberale) ogni partecipazione, che a promuoverla sia Susanna Camusso o Marine Le Pen.
E che dire della ‘solidarietà? Volontaria? Obbligatoria? Costituzionalizzata? Solidarietà significa che occorre por mano al portafogli ovvero al prelievo fiscale per venir incontro a chi non ce la fa con le sue forze: si può essere ancora una volta d’accordo ma il dissenso subentra certamente quando poi debbono individuarsi i criteri e le modalità con cui lo Stato-Robin Hood è tenuto a togliere ai ricchi per dare ai poveri e soprattutto quando si deve decidere se quanti hanno diritto alla ‘solidarietà’ delle istituzioni sono famiglie e individui singoli o anche enti locali (spesso usi alla finanza leggera, tanto c’è lo Stato-Provvidenza che interverrà generosamente).
La custodia del creato e della vita! Possenti conosce qualcuno che non avverta questa sua esigenza? Sono le cause dei mutamenti climatici a dividere gli scienziati e le opinioni pubbliche e i fronti contrapposti non sono la squadra del Bene che gioca contro la squadra del Male.
Il vero, insuperabile, dilemma del nostro tempo non riguarda solo i fini (il ricordato contrasto tra libertà ed eguaglianza ad es.) ma più spesso i mezzi per conseguirli: e allora prendiamo sul serio il ‘relativismo metodologico’—che non significa di sicuro relativismo etico—e ricordiamoci sempre delle parole del malinconico principe di Danimarca:< ci sono più cose in cielo e in terra Orazio di quante ne sogni la tua filosofia>.
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